L’Unicef: “Cinquanta bambini morti nelle proteste in Iran”

Iran nella giornata contro violenza donne

ISTANBUL. – Persino i bambini sono finiti sotto la scure della repressione in Iran: sono più di 50 quelli rimasti uccisi durante le proteste che da oltre due mesi scuotono il regime degli ayatollah. La conferma del bilancio di piccole vittime arriva dall’Unicef che chiede a Teheran di “porre fine a tutte le forme di violenza e abuso” che hanno portato alla morte di bambini e adolescenti, anche attraverso “continue incursioni e perquisizioni condotte in alcune scuole”.

Oltre ad avere “comunicato direttamente la propria preoccupazione alle autorità iraniane”, l’Unicef ha sottolineato l’appello del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che ha a sua volta chiesto alle forze di sicurezza iraniane di “astenersi dall’uso della forza non necessaria o sproporzionata” durante le manifestazioni.

Nel frattempo, continua con scioperi e sit-in degli universitari in varie città la protesta esplosa il 16 settembre in seguito alla morte a Teheran di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita dopo essere stata arrestata perché non portava il velo in modo corretto. E si allarga sempre di più la frattura tra l’Iran e il mondo occidentale che denuncia le “violazioni di diritti umani” durante la repressione contro i manifestanti.

Teheran ha convocato l’ambasciatore tedesco Hans-Udo Muzel per contestare le critiche di Berlino, definendole “prive di fondamento” e motivate da un atteggiamento “interventista”. La convocazione arriva dopo che la Germania aveva chiesto una sessione speciale del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite sugli abusi durante le dimostrazioni: la settimana scorsa l’organismo Onu aveva quindi adottato una risoluzione per chiedere un’inchiesta indipendente sulle violenze. Non coopereremo con l’Onu, è stata la risposta di Teheran, che ha definito la richiesta una mossa “politicizzata”.

Secondo i rapporti dell’agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani Hrana, sono oltre 450, tra cui 60 membri delle forze di sicurezza, le persone che hanno perso la vita durante gli scontri nelle dimostrazioni, mentre sono oltre 18mila gli arrestati da quando le proteste sono iniziate. Alcuni di loro sono tra i 709 prigionieri che la Repubblica islamica ha deciso di liberare dopo la vittoria della nazionale di calcio iraniana nella Coppa del Mondo contro il Galles.

Tra le persone scarcerate c’è la nota attrice Hengameh Ghaziani, rilasciata su cauzione, come il dissidente Hossein Ronaghi, che aveva iniziato uno sciopero delle fame da quando era stato incarcerato poco dopo l’inizio delle proteste, e anche il calciatore Voria Ghafouri, messo in custodia la scorsa settimana dopo avere chiesto al governo di porre fine alla violenza contro i manifestanti. In questi mesi, il mondo dello sport è stato spesso protagonista nella contestazione del regime degli ayatollah e alcune atlete iraniane hanno partecipato a competizioni internazionali senza portare il velo, obbligatorio dalla Rivoluzione islamica del 1979.

La contestazione degli sportivi è arrivata anche durante i Mondiali in Qatar, con la nazionale iraniana che si è rifiutata di cantare l’inno durante la prima partita. E la sfida di domani tra Iran e Stati Uniti è destinata ad accendere nuovamente l’attenzione sulle proteste.

(di Filippo Cicciù/ANSA)

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