Analisi Spagna – Il conflitto Iglesias–Díaz e la sinistra a sinistra del Psoe

Yolanda Díaz e Pablo Iglesias

Ancora non se ne parla apertamente. Forse perché porre il problema non conviene a nessuno. Ma, nelle stanze di Ferraz e in quelle dei partiti che sostengono la coalizione di Governo, è già scattato l’allarme. Stando a voci di corridoio, l’argomento preoccupa tanto che è al centro di un accurato esame. Il tema inquieta per i suoi probabili risvolti presenti o futuri. Ovvero, per il pericolo di una deriva che possa portare a elezioni anticipate, in un momento i cui i sondaggi non arridono al governo, o all’impossibilità di rieditare l’attuale coalizione di Governo.

Irene Montero e Yolanda Díaz

Quanto accaduto in occasione della polemica sulla legge del “solo sì è sì” ha creato uno stato di agitazioni nel governo e in seno all’opposizione. Da quando è stata approvata la legge fortemente voluta dal partito Podemos e si è verificata la liberazione shock di alcuni delinquenti accusati di violenza di genere, conseguenza collaterale non sufficientemente prevista, la ministra dell’Uguaglianza, Irene Montero, e l’intero Esecutivo sono al centro dell’uragano. Sulla ministra Montero, in particolare, sono piovute critiche feroci e insulti sessisti. Una violenza verbale inedita nel Parlamento spagnolo.

Che l’opposizione – leggasi Partito Popolare, Vox e Ciudadanos – approfittasse l’occasione per scagliarsi contro la coalizione di governo e, in particolare, contro la rappresentante del “socio” più debole, era prevedibile. Lo erano meno i termini in cui sono stati sferrati gli attacchi: una retorica feroce senza esclusione di colpi. Anche Alberto Nuñez Feijóo, fagocitato dall’ala estrema dei popolari come lo è stato a suo tempo Pablo Casado, ha impiegato un linguaggio improprio alla sua immagine di moderato.

Non ugualmente prevedibile era la reazione di Pablo Iglesias, leader di Podemos da poco ritirato dalla politica attiva, che, di fronte gli attacchi alla ministra Montero sua compagna di vita, ha reagito con veemenza. Lo ha fatto non solo condannando l’atteggiamento e il linguaggio della destra conservatrice e radicale ma  rimproverando anche chi, nel governo, non si è pronunciato immediatamente in difesa della Legge del “solo sì è sì”, fiore all’occhiello di Podemos e della ministra Montero. Il riferimento, in questo caso, era alla vicepresidente Yolanda Díaz. Lo ha fatto intervenendo a gamba tesa prima, senza nominarla, l’ha apostrofata di “miserabile” e “codarda”. Successivamente, non contento, è intervenuto rinfacciando alla Díaz non aver invitato Iona Belarra, Segretaria Generale di Podemos, alla presentazione del suo progetto a Barcellona, dove sì erano presenti Ada Colau, Monica Oltra e Monica García.

“Erano tanti i militanti di Podemos all’evento – ha rammentato Iglesias intervenendo alla “Uni de Otoño”, il foro annuale di riflessione di Podemos -. Ti abbiamo nominato vicepresidente, ti abbiamo nominato ministra. Perché Ione Belarra non era al tuo lato? Rispettaci!”

Ha quindi insistito:

“Ciò che sei riuscita ad ottenere dal ministero del Lavoro resterà nella storia. Ma lo hai potuto fare grazie ad un partito che ti ha difeso; un partito, Podemos, che non è il tuo…”

L’attacco frontale e inatteso di Pablo Iglesias ha messo tutti in agitazione, nonostante la risposta pacata della vicepresidente.

“La leadership la decide la gente, la decidono le persone” ha detto ammettendo, per smorzare la polemica, che è stato Iglesias, nonostante lei fosse contraria, a proporla al ruolo di vicepresidente del Governo.

Pablo Iglesias, esprimendosi nei termini in cui lo ha fatto, ha messo in luce una realtà che a molti analisti non era sfuggita: Yolanda Díaz non riesce ancora ad imporre la propria leadership e Pablo Iglesias non riesce ad abbandonare il ruolo interpretato fino a ieri in seno al Partito fondato nel marzo del 2014 assieme a Luis Alegre, Carolina Bescansa, Juan Carlos Monedero, Tania González e Iñigo Errejón.

Da un lato, ancora non è chiaro se Yolanda Díaz, con il suo progetto “Sumar”, vuole dare un nuovo impulso a UP impiegandola come piattaforma politica per il suo progetto o, al contrario, vuole costruire un soggetto trasversale capace di unire, sotto un unico ombrello, quella sinistra che non si sente rappresentata dal Psoe e, allo stesso tempo, delusa da Podemos. In stretta sintesi, non si sa con precisione cosa sarà realmente “Sumar”.

Dall’altro, è evidente che Pablo Iglesias fa fatica ad abbandonare la politica attiva e il ruolo di “padre-padrone” svolto in seno a Podemos. È una contraddizione che si riflette nelle sue “interferenze” per nulla periferiche nella vita del partito di cui è stato leader.

Irene Montero e Pablo Iglesias

La personalità di Iglesias, anche dopo la decisione di ritirarsi dalla politica, è troppo ingombrante. Fa ombra all’attuale Segretaria Generale di Podemos, apparentemente condannata al ruolo di gregario. Ed è in rotta di collisione con Yolanda Díaz che ha già  dato prova di competenza, abilità, sagacia, pazienza e tenacia. Tutte doti queste, indispensabili per diventare leader.

Come un fulmine nella notte, la polemica tra Iglesias e Díaz, stando ad analisti ed esperti sulla materia, avrebbe messo in luce le contraddizioni della sinistra a sinistra del Psoe; contraddizioni che erano già emerse, ma in maniera forse meno evidente, in occasione del progetto di legge “Trans”, sul quale la ministra Montero ha puntato i piedi mostrandosi contraria a qualunque intervento che possa stemperare il diritto di autodeterminazione di genere. A sinistra del PSOE pare si viva un momento di confusione e ridefinizione tra due anime apparentemente in conflitto: “Sumar”, un contenitore ancora tutto da costruire che potrebbe sedurre con un discorso trasversale l’ala progressista non militante ma socialmente impegnata, e Podemos, una realtà politica che ancora stenta a consolidarsi in tutto il Paese.

Il mondo progressista spagnolo , quindi, osserva con preoccupazione quanto accade oggi a sinistra del Psoe. L’esistenza di una “zona di conflitto” nell’area progressista, gli attriti tra due formazioni che si contendono uno stesso spazio non pare convenga a nessuna delle due, ma piuttosto alla destra moderata e conservatrice e alle frange dell’estrema destra rappresentate da Vox. D’altronde la riedizione di un governo socialista di coalizione credibile dipende molto dall’esistenza di un partner affidabile e forte. Senza di esso, il miracolo realizzato da Pedro Sánchez in questa legislatura sarebbe difficilmente ripetibile.

Mauro Bafile

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