Analisi: Sul filo del rasoio della ‘grande paura’

Soldati polacchi recintano una zona di confine
Soldati polacchi recintano una zona di confine. EPA/ARTUR RESZKO POLAND OUT

ROMA. – Per molte ore il mondo ha ballato sul filo del rasoio della ‘Grande paura’, dell’allargamento, cioè, della guerra in Ucraina e del potenziale coinvolgimento della Nato, in seguito ad un missile caduto in territorio polacco. In realtà, fin dai primi minuti, le menti più esperte e razionali facevano fatica a credere ad una simile follia. Non perché qualcuno abbia ancora fiducia in un Putin sempre più isolato nel mondo e asserragliato tra le mura del Cremlino. Ma perché se anche la Russia avesse voluto sfidare l’alleanza non lo avrebbe fatto in questo modo. Ma la storia insegna anche che le guerre, a volte, scoppiano senza che nessuno in realtà lo voglia.

Più credibile, nelle prime ore, è sembrata la possibilità di un errore viste le pietose condizioni in cui versa ormai l’esercito russo impiegato nel conflitto. L’allarme, per fortuna, è poi rientrato. Ma sarebbe un grave errore limitarsi a tirare un, pur comprensibile, sospiro di sollievo. Nonostante i generosi sforzi messi recentemente in campo, soprattutto dagli americani, per portare Mosca e Kiev a un qualche tipo di dialogo negoziale, la pace raramente è sembrata più lontana.

E ‘l’incidente’ in terra polacca dimostra ancora una volta di più che c’è poco da scherzare e che la prossima volta potrebbe finire in un altro modo. Pensare che il ritiro russo da Kherson e i problemi sul terreno possano spingere Mosca a trattare sembra un’illusione. Proprio in questo momento di difficolta Putin spingerà per una ‘vittoria’, qualsiasi cosa questo significhi nella sua mente.

Lo Zar non può permettersi passi indietro perché rappresenterebbe quanto meno la sua fine politica. E i continui accenni russi al possibile uso delle armi tattiche nucleari non aiutano a trovare un filo di dialogo. E d’altra parte, mentre al G20 i leader del mondo – senza Putin – continuavano a provare ad indicare una strada per la pace e a condannare la ‘guerra’, Mosca ha lanciato uno dei più forti attacchi missilistici degli ultimi mesi sul territorio ucraino.

Sull’altro fronte c’è forse ancora meno voglia di scendere a patti con chi ha invaso, violato l’integrità ucraina, ucciso civili, donne e bambini, violentato, distrutto intere città, compiuto crimini di guerra. E’ difficile, se non impossibile, chiedere agli ucraini di fermarsi adesso che stanno avendo la meglio e vedono la loro ‘rivincita’ più vicina.

Per questi motivi l’arrivo della pace, ma anche di un inizio di una prova di dialogo, sembra difficile. Ma il missile caduto in Polonia sembra un segnale per tutti. Questa guerra già terribile e devastante, che ha provocato sofferenze, molti morti e una crisi economica globale con pochi precedenti, rischia di scivolare in qualcosa di peggiore. Il richiamo di ieri è evidente e c’è bisogno di orecchie che sappiano ascoltare e occhi che sappiano vedere il percorso da seguire da qui alle prossime settimane e ai prossimi mesi. La diplomazia internazionale deve scendere in campo con decisione e con forza, deve ‘imporsi’ con giustizia e misura.

Le guerre possono finire in molti modi. Sul campo c’è in questo momento un vincitore, l’Ucraina, che può chiedere molto. C’è uno sconfitto, colpevole di aver violato tutte le leggi internazionali, che dovrà accettare dure condizioni e molti arretramenti. Fra le sacrosante rivendicazioni di Kiev e i necessari cedimenti di Mosca si potrà forse trovare un inizio di soluzione.

Facile? Assolutamente no, la strada è difficile e in salita. Basta vedere quello che sta accadendo sul terreno e pensare che una simile soluzione porterebbe con molta probabilità ad un cambio al Cremlino. E Putin, che ha scatenato questa folle guerra, lo sa. E si difenderà fino all’ultimo. Ma bisogna provarci. Adesso. Senza aspettare il prossimo missile vagante sui confini ucraini.

(di Stefano Polli/ANSA)

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