Meloni stoppa le polemiche sul Pnrr. Per Draghi nuovo ok Ue

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al primo Vertice della Comunità Politica Europea.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al primo Vertice della Comunità Politica Europea. (Ufficio Stampa e della Comunicazione della Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Nessuno scontro. La parola d’ordine il giorno dopo il polverone sollevato dalle accuse di “ritardi” sul Pnrr filtrate dalla riunione di Fdi, è smorzare i toni. Ricondurre i ragionamenti sul sentiero della transizione ordinata tra vecchio e nuovo governo. Fermo restando che, nelle intenzioni di Giorgia Meloni, c’è l’idea di chiedere una modifica del Piano di ripresa e resilienza non più adeguato alle emergenze del momento.

Anche se gli spazi “sono limitati” e bisogna stare bene attenti a non frenare la crescita, è il monito che arriva anche da Fitch, dopo che Moody’s aveva già lanciato il suo avviso ai – nuovi – naviganti: senza riforme anche il rating sarebbe a rischio. La premier in pectore arriva come di consueto alla Camera e prova a mettere la parola fine a quello che era apparso come la prima vera presa di distanza da Mario Draghi.

“Non mi pare che ci sia uno scontro” ma visto che i soldi spesi finora sono meno del previsto “diciamo con spirito costruttivo che si può fare meglio”, getta acqua sul fuoco Meloni, dopo contatti per ridimensionare l’incidente diplomatico avuti già nella serata di ieri con Palazzo Chigi. Dove non passa inosservato il cambio di tono. Draghi la sua già l’aveva detta ai ministri (“nessun ritardo, sono certo che il nuovo governo andrà avanti con la stessa forza e efficacia”) e vola a Praga, per il consiglio europeo informale.

Dove incassa una nuova conferma della bontà del suo operato, difesa anche nella relazione inviata al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano. “Le cose stanno procedendo secondo quanto previsto”, assicurano fonti della Commissione, ricordando, come fa il premier nero su bianco, che la luce verde alla terza tranche di fondi Ue c’è già stata e che i nuovi “21 miliardi” arriveranno a breve.

L’importante ora è mettere a terra riforme e investimenti. Con la consapevolezza che si possono sì richiedere delle modifiche ma entro la strada ben tracciata da Bruxelles. Nella relazione, infatti, il governo uscente aggiunge un capitolo appositamente dedicato agli “aggiustamenti” del piano, mettendo in fila i paletti europei.

Intanto da gennaio, una volta conclusa l’approvazione del regolamento, i governi potranno presentare “formalmente il nuovo capitolo” del Pnrr “dedicato alle nuove azioni volte a conseguire gli obiettivi del Piano REPowerEU”. Il piano italiano, osserva un ministro, su questo fronte è però già “abbastanza in linea”.

Ma, si ricorda nella relazione, ci sono altre possibilità, restando all’interno delle regole, per chiedere revisioni dei Piani: la Commissione riconosce che la guerra in Ucraina rappresenta in effetti una “circostanza oggettiva” che, con i conseguenti rincari “non prevedibili” dei prezzi, rende difficile centrare gli obiettivi legati agli investimenti. Solo questi ultimi, si sottolinea nella relazione, possono peraltro essere oggetto di aggiornamento, se saranno riconosciuti dalla Commissione come “non realizzabili” a causa dei maxi rincari.

Sulle riforme invece, non si può tornare indietro. Quella più importante resta l’attuazione completa della riforma della giustizia, per cui di fatto allo stato mancano solo le assunzioni. A seguire c’è la concorrenza – tema politicamente incandescente – che dovrebbe includere anche l’abolizione del canone Rai in bolletta.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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