Ue: “Le sanzioni funzionano, Pil russo giù dell’11%”

La borsa di mosca EPA/YURI KOCHETKOV

BRUXELLES. – “Le nostre sanzioni funzionano: il Pil russo precipiterà dell’11%, un crollo maggiore di quello registrato durante la caduta dell’Urss”. Ad esserne certo è il direttore esecutivo del servizio esterno dell’Ue (l’EEAS) Luc Pierre Devigne, ascoltato oggi in audizione alla commissione Esteri dell’Eurocamera.

“Riteniamo perciò che la strada scelta dall’Ue funzioni e che dobbiamo essere ancora più risoluti: non è questo il momento di cedere”, ha aggiunto Devigne.

Il dato sulla (possibile) contrazione del Pil russo è massiccio e contraddice le stime pubblicate da Mosca. Il ministero dell’Economia russo, infatti, prevede una diminuzione del prodotto interno lordo del 2,9% nel 2022, dello 0,9% nel 2023 e persino una crescita del 2,6% nel 2024.

Vladimir Putin è stato d’altra parte chiaro: “Il blitzkrieg económico dell’Occidente è fallito”, ha dichiarato recentemente. Se le sanzioni funzionino o meno non è un fatto secondario, visti gli effetti sui prezzi dell’energia e a cascata su inflazione, consumatori e imprese. ‘Ci sono dei costi per noi ma l’obiettivo vale i sacrifici’, è la sintesi di varie dichiarazioni e ragionamenti dei vertici di Bruxelles. Ma sono sacrifici sono almeno giustificati dai risultati?

L’interrogativo è cruciale anche a livello politico. Il primo ministro ungherese Viktor Orbàn, ad esempio, sostiene di voler bloccare il prossimo rinnovo delle sanzioni perché “hanno fallito” e si sono “ritorte contro l’Europa”. In realtà si può vedere come le sanzioni siano una spina nel fianco del Cremlino monitorando le campagne di disinformazione che originano dalla Russia – e che battono appunto il tasto sul fallimento dell’operazione. Perché darsi pena se non servono? Un rapporto riservato del governo russo dimostrerebbe invece che le misure occidentali mordono eccome e per il 2023 prevedrebbe un crollo del Pil dell’11% nel caso dello “scenario peggiore” (“-3,8%” invece se le misure di contenimento avranno successo”).

Devigne non ha fornito dettagli sull’origine di queste stime. Di certo c’è che l’Ue sta lavorando a rincarare la dose con un nuovo pacchetto sanzioni: il price cap al petrolio via oleodotto non ci sarà – lo stop alle importazioni via mare scatta invece dal 2023 – mentre il dibattito su quello del gas continua.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA).

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