Federer dice basta, l’addio del Re del tennis

Federer
Federer saluta e da l'addio al publico.

ROMA. – “Il tennis mi ha trattato con più generosità di quanto avessi mai sognato”. C’è molto di Roger Federer in questa frase, che spicca nel lungo messaggio con cui il fuoriclasse di Basilea ha annunciato, a sorpresa, l’addio alle competizioni dopo la Rod Laver Cup della prossima settimana a Londra: classe, modestia, rispetto.

Ma altrettanta gratitudine si merita questo giocatore, per la generosità con cui così tanto a lungo e a così eccelso livello ha deliziato gli appassionati, e gli avversari, facendo un dono non solo al tennis ma a tutto lo sport.

Purtroppo, dopo Serena Williams, un altro monumento si è arreso ai problemi fisici dovuti all’età. A 41 anni da poco compiuti, Federer ne ha preso atto e ha scelto Londra come palcoscenico della sua ultima apparizione. Proprio nella capitale inglese il campione svizzero aveva giocato l’ultima volta, nel 2021, battuto nei quarti a Wimbledon dal polaco Hubert Hurkacz. Era seguita la rinuncia ai Giochi di Tokyo e la terza operazione al ginocchio destro, dopo le due dell’anno prima.

“É una decisione agrodolce perché mi mancherà tutto ciò che il tennis mi ha dato. Ma allo stesso tempo ci sono tante cose da festeggiare” ha sottolineato l’ex n.1 che per numero di slam ha davanti solo Rafael Nadal (22) e Novak Djokovic (21). Si considera “una delle persone più fortunate sulla Terra” ed ha ricordato gli oltre 1.500 match disputati in 24 anni di carriera. “Mi è stato regalato di poter giocare a tennis e l’ho portato a un livello che non avrei mai potuto immaginare e per molto più tempo di quanto pensassi possibile”.

Il “dio della racchetta”, come l’ha ribattezzato il saggista e scrittore Simone Fornara, ha scritto alcune delle pagine più belle di questo sport, interpretato senza rinunciare ai suoi modi gentili, mai muscolari, con uno stile che non ha aveva bisogno di insultare l’avversario né, tantomeno, i giudici.

È stato il più grande di tutti i tempi? Al di là dei titoli major, nei cuori di tantissimi appassionati il fuoriclasse di Basilea resterà comunque il numero 1. Da Wimbledon, suo palcoscenico preferito dove ha vinto otto volte (e nel 2003 il primo Slam), al Roland-Garros (unico successo nel 2009), agli Australian Open, dove ha ottenuto l’ultimo, nel 2018.

Federer ha avuto tutte le caratteristiche del campione ideale, a cominciare da un gioco unico: elegante, d’attacco, classico eppure emozionante per i rischi che comportava e per i brividi che sapeva dare ai suo innamoratissimi fan. Fisico normale (1,85 m) ma dotato di eccezionali doti di velocità e resistenza. E poichè la grandezza di un giocatore si misura anche sul valore degli avversari, gli incroci con Nadal hanno reso la loro rivalità da leggenda, unita a un’amicizia che non ha mai vacillato, nonostante lo spagnolo lo abbia sconfitto in quattro finali a Parigi. Per Nadal l’aggettivo “perfetto” riassume il tennis di Federer: “Ha un servizio perfetto, una volee perfetta, un diritto più che perfetto, un perfetto rovescio; è velocissimo, con lui è tutto perfetto”.

Un’immagine che ricalca quella fuori dai campi: innamorato da quasi vent’anni di Mirka Vavrinec, ex tennista di origine slovacca che conobbe ai Giochi di Sydney nel 2000, padre di quattro figli (avuti da due parti gemellari), impegnato in opere di beneficenza, in particolare in Sudafrica, Paese di origine della madre. Amico di Tiger Woods e Pete Sampras, appare incapace di suscitare sentimenti negativi, nemmeno tra gli avversari sconfitti. “Vorrei poterti odiare, ma sei troppo gentile” gli disse Andy Roddick dopo una finale di Wimbledon.

Il suo palmares è enorme. Ai 20 titoli dello Slam vanno aggiunti sei Master, una Coppa Davis ed un oro olimpico (in doppio con Stan Wawrinka), l’oro in singolare rimanendo l’unico trofeo importante che gli manca. In totale ha vinto 103 titoli sul circuito Atp e ha trascorso 310 settimane al primo posto al mondo. A ottobre dello scorso anno fece notizia la sua uscita dalla topten. Numeri da record, raccolti nonostante una maturità raggiunta tardivamente: egli stesso si definiva un “diamante grezzo da lucidare”.

A differenza di Borg, Connors, Sampras o Nadal, ha dovuto aspettare fino al suo sesto anno sul circuito per alzare il primo trofeo importante (come detto sull’erba di Wimbledon), a quasi 23 anni.

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