“La Russia è allo stremo, usa i droni iraniani”

Resto di un ipotetico dron itaniano "kamikaze".

ROMA.  – La Russia a corto di armi ha schierato sul fronte ucraino i droni kamikaze iraniani: la prova, secondo Kiev e gli 007 occidentali, arriva da un velívolo senza pilota abbattuto nelle ultime ore a Kupiansk, un centinaio di chilometri a sudest di Kharkiv, teatro dell’offensiva ucraina che ha spazzato via i russi dalla regione.

Le immagini mostrano un piccolo drone con l’iscrizione in cirillico M214 Geran-2, che secondo molti esperti è idéntico allo Shahed-136 (‘testimone’ in farsi), arma iraniana di ultima generazione. Con un raggio d’azione di oltre 2mila chilometri, è stato ribattezzato kamikaze perché non spara missili ma va dritto sul bersaglio, grazie a una tecnologia che permette di tracciare l’obiettivo. Gli Shahed, recentemente, sono stati forniti ai ribelli Houthi in Yemen che li hanno utilizzati per gli attacchi ai depositi di petrolio saudita.

Già a luglio l’amministrazione Biden aveva puntato l’indice contro la fornitura di droni dall’Iran alla Russia, sottolineando che Mosca era costretta a questa mossa a causa delle perdite sul campo. Le ultimissime stime di Kiev parlano di 908 droni russi distrutti dall’inizio dell’invasione. Mosca e Teheran smentirono, ma una paio di settimane fa delle immagini satellitari ottenute dalla Cnn hanno rivelato la presenza durante l’estate di funzionari russi in una base aerea dell’Iran centrale dove erano parcheggiati numerosi droni iraniani.

Secondo gli 007 americani, alcune settimane dopo la missione russa numerosi droni Shahed dei modelli 129 e 191 erano stati imbarcati su un cargo diretto verso Mosca. Questo tipo di drone, osservano gli esperti, potrebbe essere utilizzato soprattutto contro l’artiglieria a lungo raggio Himars made in Usa, decisiva per sostenere l’ultima controffensiva ucraina.

La crisi dell’industria bellica russa è al centro delle analisi delle ultime settimane: Mosca starebbe stipulando un contratto con la Corea del Nord per la fornitura di missili, perché la guerra ucraina avrebbe svuotato gli arsenali, sostengono Stati Uniti e Gran Bretagna. La Russia smentisce, eppure diversi think tank segnalano che per riparare le perdite di mezzi e materiali occorrerebbe un importante sforzo industriale di cui al momento “non c’è alcun segno”.

Negli ultimi mesi sono state segnalati gli effetti negativi delle sanzioni occidentali sui principali gruppi dell’industria bellica russa, e quindi la difficoltà a sostenere la produzione interna. A fine agosto, tuttavia, la Rosoboronexport – l’ente russo per l’export/import di armi – ha annunciato contratti per quasi 15 miliardi di dollari. A fine anno, l’export patirà una flessione del 26%, ma è la Difesa russa a farla da padrone.

Rosoboronexport segnala il “grande interesse” per tutti i gioielli dell’arsenale di Putin, dai missili Sarmat ai tank “Terminator” ai caccia di nuova generazione. Forse è su queste armi che punta veramente lo zar per sovvertire le sorti di un conflitto in cui l’ipotesi di una vittoria di Kiev comincia a far tremare le mura del Cremlino.

(di Claudio Accogli/ANSA).

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