“La guerra costerà alle imprese oltre 16 miliardi nel 2022”

Un operaio camminando in un deposito di materiale industria meccanica..
Un operaio camminando in un deposito di materiale industria meccanica.. EPA/FOCKE STRANGMANN

ROMA.  – La guerra in Ucraina genererà tra febbraio e dicembre 2022 una perdita di valore aggiunto per le imprese italiane pari a 16,3 miliardi di euro.

È quanto emerge da uno studio dell’istituto Demoskopika che ha stimato, regione per regione, il possibile impatto delle conseguenze del conflitto sul tessuto produttivo nell’ipotesi di una riduzione del 20% delle importazioni dirette e indirette di input energetici.

A soffrire maggiormente sono i settori cosiddetti energivori: trasporti, prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, chimica, prodotti metallurgici, costruzioni mentre le aziende coinvolte nel complesso dalla riduzione di valore aggiunto sono 2,3 milioni.

La regione che soffre il calo di valore aggiunto maggiore in termini assoluti è la Lombardia (3,94 miliardi), seguita dall’Emilia Romagna (1,74 miliardi) e dal Lazio (1,70 miliardi).

Ma registrano cali consistenti di valore aggiunto anche Veneto, (1,49 miliardi) Piemonte (1,44 miliardi) e Toscana  (1,04 miliardi) con una contrazione complessiva per le sei regioni di 11,4  miliardi (il 70% del dato nazionale)

I settori che registrano il calo peggiore di produzione sono quello dei trasporti, fabbricazione mezzi di trasporto, magazzinaggio con 7,80 miliardi (circa il 48% del totale perso)  e quello dei prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, prodotti chimici e farmaceutici con 3,57 miliardi circa di valore aggiunto perso (il 21,9% della perdita complessiva).

“Il prossimo Governo – ha detto il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – dovrà proteggere il tessuto produttivo italiano altrimenti sarà più conveniente fermarsi che produrre.

L’impennata dei prezzi energetici sta generando gravi ripercussioni sui sistemi economici oltre a ridurre il potere d’acquisto e la disponibilità a spendere delle famiglie, per effetto di un costante aumento dell’inflazione. La crescente difficoltà nel reperimento di materie prime, inoltre, sta fiaccando ulteriormente i margini operativi delle nostre imprese, che hanno una forte dipendenza commerciale ed energetica dal mercato russo, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro”.

Il settore dei trasporti, quello dei prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, e i prodotti chimici e farmaceutici con 11,4 miliardi complessivi registrano circa il 70% della perdita di potere aggiunto totale. Ma ci sono altri sette settori in cui  la mancata produzione stimata supererebbe i 300 milioni di euro: “Macchinari, apparecchiature elettriche e prodotti elettronica” (1.066 milioni di euro), “fornitura energia elettrica e gas” (911 milioni di euro), “costruzioni” (509 milioni di euro), “attività metallurgiche e prodotti in metallo” (471 milioni di euro), “agricoltura” (356 milioni di euro), “legno, carta e stampa” (317 milioni di euro) e “gomma e plastica” (315 milioni di euro).

(di Alessia Tagliacozzo/ANSA).

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