Powell più falco spaventa i mercati, tonfo borse

Jerome Powell, presidentye della fed
Il governatore della Fed Jerome Powell.

NEW YORK.  – La battaglia della Fed contro l’inflazione è lungi dall’essere terminata: la banca centrale andrà avanti con “determinazione” e “forza” nell’alzare i tassi di interesse “fino a quando il lavoro non sarà completato”.  E lo farà anche se questo vorrà dire un “periodo sostenuto di crescita sotto il trend” e sarà “doloroso” per le famiglie e le imprese.

Jerome Powell più falco che mai non usa mezzi termini per descrivere l’impegno “incondizionato” della Fed a combattere la corsa dei prezzi.

Le sue parole sono una doccia fredda per le borse. Le piazze finanziarie europee chiudono tutte in calo, con Milano che perde il 2,49%. Dopo una breve fiammata sopra la parità complici le indiscrezioni sulla possibilità che la Bce valuti un aumento dello 0,75% alla prossima riunione, l’euro torna a perderé terreno e scende sotto un dollaro.

Pesante Wall Street che, dopo un avvio cauto, procede in profondo rosso vedendo andare in fumo le speranze di una Fed meno aggressiva e di rialzi più contenuti. Powell le spazza via parlando di tassi di interesse a livello elevati per diverso tempo e paventando la possibilità di un ennesimo “ampio” rialzo del costo del denaro in settembre.

Il presidente della Fed non si sbilancia su quanto i tassi saliranno il prossimo mese, se dello 0,50% o dello 0,75%. “Dipenderà dai dati economici”, si limita a dire spiegando come “riportare la stabilità dei prezzi richiede tempo e un’azione forte e rapida per moderare la domanda affinché sia più allineata con l’offertà e per mantenere le aspettative di inflazione ancorate”.  Le rilevazioni giunte finora mostrano un “rallentamento dell’economia” che, comunque, si mantiene solida con un mercato del lavoro “forte”.

“Riportare la stabilità dei prezzi richiederà mantenere una politica restrittiva per diverso tempo. La storia ci insegna a essere molto cauti su un allentamento prematuro”, spiega Powell citando come esempio alcuni suoi predecessori, da Paul Volcker ad Alan Greenspan passando per Ben Bernanke. Il presidente della Fed quindi avverte: la battaglia per riportare l’inflazione al target sarà “dolorosa” per le “famiglie e le imprese” perché risulterà probabilmente in un “periodo sostenuto di crescita sotto il trend” e un “indebolimento delle condizioni del mercato del lavoro”.

“Questi sfortunatamente sono i costi del ridurre l’inflazione. Ma fallire nel riportare la stabilità dei prezzi sarebbe però ancora più doloroso”, aggiunge Powell mettendo in evidenza come la banca centrale proseguirà con le sue strette fino a quando non ci saranno segnali chiari di un calo dell’inflazione. Certo, osserva il numero uno della banca centrale americana, il rallentamento della corsa dei prezzi in luglio è una buona notizia ma non è abbastanza per spingere la Fed a cambiare rotta o sentirsi fiduciosa sull’aver vinto la battaglia contro il caro-vita.

Pur di assicurare la stabilità dei prezzi nel lungo termine, la banca centrale – spiegano alcuni analisti – è disposta a misure dolorose nel breve termine. “Preferisce assicurarsi che l’inflazione e le aspettative di inflazione siano ben ancorate”, aggiungono. A schierarsi con Powell e la necessità di un’azione forte è Gita Gopinath del Fondo Monetario Internazionale.

Le banche centrali devono “agire in modo deciso per riportare l’inflazione al loro obiettivo e ancorare le aspettative” sui prezzi che, nell’attuale periodo di “inflazione molto alta” rischiano di “divenire disancorate”, spiega la numero due del Fmi.

La battaglia della Fed appoggiata dagli esperti dI Washington fa temere una recessione per l’economia americana in un contesto di rallentamento globale e fra crescenti tensioni, dal Covid alla guerra in Ucraina e i loro effetti sulla catene di approvvigionamento e sull’energia. Nodi che non sembrano in grado di sciogliersi a breve e che alimentano la grande nemica dei mercati finanziari: l’incertezza

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