Draghi: “Andate a votare, l’Italia ce la farà. Ma non si isoli”

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, interviene alla 43^ edizione del “Meeting per l’amicizia tra i popoli"
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, interviene alla 43^ edizione del “Meeting per l’amicizia tra i popoli". (Ufficio stampa Presidenza del Consiglio)

ROMA. – L’Italia ce la farà. Qualunque sarà l’esito del voto. A patto di non isolarsi, di non cedere, pure in un momento “molto complesso”, a “protezionismi e isolazionismi” che non fanno “l’interesse” del Paese. Mario Draghi torna al Meeting di Cl a due anni dal famoso discorso sul “debito buono” che, conferma, ha poi “ispirato” la sua azione di governo.

Quale che sia il “colore” del prossimo esecutivo, il messaggio di “fiducia” che porta alla platea di Rimini, gli italiani hanno già dimostrato di avere “coraggio” e che l’Italia “è un grande Paese che ha tutto quello che serve per superare le difficoltà”. E lo farà “anche questa volta”, anche di fronte a questo “passaggio storico drammatico” tra la guerra in Ucraina, la crisi energetica e corsa dell’inflazione che oramai “pesa in modo molto gravoso”.

Il premier, alla prima uscita pubblica dopo la breve pausa estiva, sale sorridente sul palco del Meeting di Cl, accolto da un lunghissimo applauso che lo commuove e da un “entusiasmo” che “colpisce nel profondo”. Parla ai giovani, Draghi, che sono “la speranza della politica”, e invita “tutti ad andare a votare”.

Con le urne, dice, gli italiani “sceglieranno” il nuovo Parlamento e anche “il programma del futuro esecutivo”, cui il suo governo consegna “un metodo”, torna a ribadire, più che un’agenda. Coesione, indipendenza di giudizio, credibilità sono gli ingredienti che hanno guidato la sua azione nell’anno e mezzo a Palazzo Chigi e che ha riportato l’Italia a essere “autorevole”, unica via per avere “rispetto”.

E il “dialogo tra forze politiche” continua a essere necessario e “si dovrà ritrovare la coesione – sottolinea ancora il premier – nel sentire comune da parte di tutti i protagonisti il senso di appartenenza alla repubblica e agli ideali della Ue”. C’era “scetticismo”, ricorda il premier, sulla capacità dell’Italia di uscire dalle secche della crisi Covid e di presentare, e attuare, un Pnrr “valido”.

Ma “dopo 18 mesi – rivendica – possiamo dire che grazie al “coraggio e alla concretezza degli italiani” si è “riscritta una storia che sembrava già decisa”. La crescita ha segnato risultati oltre le aspettative, il debito è calato in due anni come mai nella storia e il Pil marcia a ritmo superiore anche a Francia e Germania. Un risultato raggiunto grazie a una politica economica che ha saputo coniugare “crescita economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti”. Un percorso che il premier invita chiunque verrà dopo a “seguire”.

Dall’emergenza Covid alla crisi del gas, il governo ha assunto decisioni rapide e ricercando “l’unità di intenti”. Assumendosi il “rischio calcolato” di riaprire le scuole. Correndo per sostituire le forniture dalla Russia che, attacca, “usa il gas come arma geopolitica”. L’indipendenza, questione di “sicurezza nazionale”, ora è a portata di mano a patto di installare “nei tempi” i due nuovi rigassificatori.

Per il futuro, il monito, non dovrà accadere “mai più di dipendere da un paese che non ha mai smesso di inseguire il suo passato imperiale”. Che è, sottolinea, “il contrario della sovranità” di cui tanto si parla. Nel frattempo serve quel tetto al prezzo del gas (oggi a livelli “insostenibili”) su cui però ancora non c’è accordo. Mentre le aziende che hanno incassato “utili senza precedenti” non si devono sottrarre dal pagare, subito, la tassa sugli extraprofitti.

Oltre a proseguire con l’attuazione del Pnrr – c’è “l’impegno” a conseguire più obiettivi possibile prima del cambio di governo – Draghi invita anche chi verrà dopo a rimanere nel solco dello “spirito repubblicano” che ha caratterizzato il suo governo e a mantenere “la credibilità interna” che deve “andare di pari passo con quella internazionale”.

L’Italia, ha sottolineato, è “paese fondatore della Ue, protagonista del G7 e della Nato”, il suo debito è “per il 25%” in mani straniere, export e capitali esteri spingono la crescita. Per questo “protezionismo e isolazionismo” non fanno l’interessa nazionale. E la storia, “dalle illusioni autarchiche del secolo scorso” alle “pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l’euro” ha già mostrato che l’Italia “non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola”.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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