Cina: 13 anni a Xiao, il broker della finanza rossa

Il presidente Xi Jinping e Segretario Generale del Partito Comunista Cinese interviene nel 19esimo Comité Centrale del partito a Pechino. ANSA/ EPA/JU PENG

PECHINO.  – Il magnate sino-canadese Xiao Jianhua, scomparso da un hotel di Hong Kong a inizio 2017, è stato condannato a 13 anni di carcere per reati finanziari e corruzione.
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Il “broker della finanza rossa”, potente e temuto per la gestione degli investimenti della leadership comunista, è stato tra i miliardari più controversi del Dragone vantando stretti legami con le alte sfere del Partito comunista, inclusa la famiglia del presidente Xi Jinping, secondo più ricostruzioni.

Xiao, 50 anni, è stato giudicato colpevole di “aver sottratto illegalmente depositi pubblici, di uso illegale di fondi e corruzione”, ha chiarito una nota della Corte intermedia del popolo n.1 di Shanghai, mitigando la punizione per la collaborazione “al recupero dei guadagni illegali e al ripristino delle perdite”. Xiao e la sua Tomorrow Holdings, inoltre, hanno “gravemente violato la gestione finanziaria” e “danneggiato la sicurezza finanziaria dello Stato”.

Dal 2001 al 2021, il magnate e la holding hanno “donato azioni, immobili, contanti e altri beni a funzionari governativi” per oltre 680 milioni di yuan al fine di eludere la supervisione finanziaria e cercare benefici illegittimi. A suo carico è stata comminata la multa di 6,5 milioni di yuan (970.000 dollari), mentre a Tomorrow un’altra record di 55,03 miliardi di yuan, pari a 8 miliardi di dollari.

Il magnate era sparito alla vigilia del Capodanno lunare del 2017 dall’hotel Four Seasons di Hong Kong con un blitz degli agenti cinesi, quando a Pechino non era permesso di operare nell’ex colonia. Fu portato via su una sedia a rotelle nelle prime ore del mattino con la testa coperta, come registrato dalle videocamere di sicurezza. In seguito, la scomparsa fu collegata alla campagna anti-corruzione del presidente Xi, salito al potere nel 2012. Ma la vicenda contribuì ad alimentare le proteste del 2019 nell’ex colonia britannica contro il controverso disegno di legge del governo locale che avrebbe consentito l’estradizione nell’opaco sistema giudiziario della Cina controllato dal Pcc.

Fino al 2016, Xiao era tra gli uomini più ricchi della Cina, con un patrimonio personale di quasi 6 miliardi di dollari: era a capo di un impero costruito su Tomorrow, conglomerata attiva nella finanza, nelle assicurazioni, nel carbone e nel cemento. Nel 2020, nove società del gruppo finirono nel mirino delle autorità cinesi per presunti timori sui “rischi sistemici”.

Nato nello Shandong, Xiao era considerato un autentico genio della finanza e fu ammesso a 14 anni alla prestigiosa Peking University, secondo gli elementi emersi dopo la sua scomparsa.

Il processo è stato ufficializzato soltanto a luglio dall’ambasciata del Canada che aveva lamentato difficoltà ad offrire l’assistenza consolare. Sul punto, il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha replicato che poiché la legge cinese non riconosce la doppia nazionalità Xiao, a dispetto del passaporto canadese, non aveva diritto “all’accesso consolare”.

Quanto alla tempistica, la condanna del magnate è maturata a ridosso del XX Congresso del Partito comunista che in autunno dovrebbe assegnare a Xi un inedito terzo mandato alla guida del Pcc. Un segnale, secondo gli osservatori, del consolidamento del potere del presidente, ma anche di sensibilità – considerando il compromesso sugli sconti di pena – verso l’ex ragazzo prodigio della finanza che conosce molto bene l’elite rossa.

(di Antonio Fatiguso/ANSA).

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