Più che raddoppiati i casi di West Nile in Italia

La zanzara portatrice della West Nile
La zanzara portatrice della West Nile. (Ansa)

ROMA. – “Sono più che raddoppiati nell’ultima settimana” in Italia i casi di infezione da West Nile Virus nell’uomo. Dall’inizio di giugno 2022, sono state confermate 94 persone contagiate (42 la settimana prima), di cui 55 hanno avuto una forma grave e neuro-invasiva, mentre 7 sono morte”.

Lo indica il bollettino, aggiornato al 2 agosto, realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità sull’attività di sorveglianza del virus West Nile, per il quale non esiste un vaccino e che “nei casi più gravi, circa 1 su mille può causare un’encefalite letale”.

La febbre West Nile è provocata da un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta in Uganda, nel distretto West Nile e diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I serbatoi sono gli uccelli selvatici e le zanzare, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo.

“La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona e ha un periodo di incubazione dal momento della puntura in genere fra 2 e 14 giorni”, ricorda l’Iss. “La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei”.

I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette, in genere in anziani e nelle persone debilitate, e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Il primo caso umano in Italia nella stagione 2022 di West Nile è stato segnalato a giugno nella provincia di Padova e fino al 26 luglio, l’Iss riportava 42 casi confermati, passati in una settimana a 94.

Dall’ultimo bollettino emerge che le forme neuroinvasive si sono verificate quest’anno soprattutto in Veneto (33), Emilia-Romagna (16 casi), Piemonte (4) e Lombardia (2); quanto ai decessi, sono stati 5 in Veneto, uno in Piemonte e uno in Emilia-Romagna. “Numeri che sono più elevati degli anni precedenti non epidemici”, anche perché i contagi “sono iniziati più precocemente”, ma “comunque sono lontani dai valori registrati nel 2018”, sottolinea l’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli).

In Italia, la sorveglianza epidemiologica del West Nile è curata dal Dipartimento di Malattie infettive dell’ISS e dal Centro studi malattie esotiche (Cesme) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, in collaborazione con il Ministero della Salute. La presenza del West Nile Virus è stata confermata, finora, in 15 uccelli appartenenti a specie bersaglio e in 10 uccelli selvatici, così come in 100 virus pool di zanzare catturati in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte Emilia Romagna e Lombardia.

“Attualmente – conclude l’Iss – sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente”, usando repellenti, zanzariere e svuotando di frequente contenitori con acqua stagnante.

(di Livia Parisi/ANSA)

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