Vaccini anti-Covid, che cos’è e come funziona la quarta dose

Infermiera prepara la siringa con il vaccino anti.Covid.
Infermiera prepara la siringa con il vaccino anti.Covid. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – Varianti e sottovarianti del virus Sars-CoV-2 sollecitano continuamente il nostro sistema immunitario e sappiamo che i vaccini che abbiamo a disposizione sono stati progettati contro la versione originaria del virus, che adesso non c’è più.

Che cosa significa perciò vaccinarsi e quale protezione si riceve? “Il vaccino è l’unica vera arma che abbiamo”, dice all’ANSA l’immunologo Guido Forni, già ordinario dell’Immunologia all’Università di Torino e membro della Commissione Covid-19 dell’Accademia dei Lincei.

“I vaccini, sia quelli a mRna sia quello proteico, Novavax, funzionano molto bene e inducono una buona risposta immunitaria e che persiste nel tempo, ma il virus contro cui sono diretti non esiste più. Di conseguenza – osserva Forni – solo il 25% degli anticorpi generati da questi vaccini è in grado di combattere le varianti del virus in circolazione, ma questo 25% non basta. Se circolasse ancora il virus di Wuhan, i richiami ripetuti non sarebbero necessari”.

Di qui la necessità dei richiami, ma quanti ne tollera il sistema immunitario? “Il numero dipende dall’età. Per esempio, i giovani non hanno bisogno di richiami, mentre gli anziani devono fare i conti con l’immunosenescenza, ossia con la crescente difficoltà del sistema immunitario a ricordare le esperienze passate. I vaccini sono una sorta di ginnastica del sistema immunitario, che lo aiuta a mantenere alta la risposta”.

Ci sono test che permettano di capire se e quanto l’immunità è efficiente? “Ci sono, ma sono complessi e utilizzati a scopo di ricerca, non sono test rapidi che si possono fare in ospedale”.

L’esame che permette di contare gli anticorpi può essere d’aiuto? “Possiamo pensare agli anticorpi come missili antivirus: naturalmente più ne abbiamo e più siamo protetti, ma bisogna sapere dove si trovano le batterie. Vale a dire che possiamo valutare quanti ce ne sono, ma non possiamo determinare quanto siano precisi contro la proteina Spike del virus SarsCoV2 che circola ora”.

Bisogna poi considerare che esistono anticorpi di tipo diverso: “Sappiamo che ci sono anticorpi importantissimi, in grado di bloccare il contagio: sono gli anticorpi secretori che si trovano nella saliva e nelle secrezioni di naso e bronchi. Ma la maggior parte dei vaccini attuali non li induce e per questo proteggono bene dalla malattia, ma non dal contagio”.

Gli anticorpi generati dai vaccini attuali circolano invece nel sangue. Che cosa significa vaccinarsi adesso e poi con la nuova dose in autunno? “Non c’è un rischio particolare; l’unico è di rispondere meglio alla parte del virus che abbiamo già visto e che alla parte nuova, per esempio quella indotta dalle varianti, si risponda meno bene”.

Ammalarsi e vaccinarsi è la stessa cosa? “Sono due cose differenti. Il vaccino stimola una persona che sta bene, come una ginnastica per il sistema immunitario, ammalarsi è come risorgere dopo una guerra del nostro corpo contro virus invasore. Le risposte sono diverse. La cosa migliore è ammalarsi e vaccinarsi, in modo da acquisire una sorta di super immunità grazie a due stimoli diversi. A questo proposito – conclude Forni – è molto vantaggiosa la vaccinazione eterologa, ad esempio basata sulla combinazione di un vaccino a mRna e un vaccino proteico”.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)