Ministro della cultura Franceschini: “Nella crisi investire sulle eccellenze”

Il ministro della Cultura, Dario Franceschini, durante la cerimonia d'apertura.
Il ministro della Cultura, Dario Franceschini, durante la cerimonia d'apertura. (Ufficio Stampa Ministero della Cultura))

ROMA. – “Nelle crisi economiche non bisogna stare fermi, ma cercare i settori innovativi. Credo sia finita per sempre la stagione in cui i paesi cercavano di essere competitivi su tutto. Ora che le frontiere e le distanze contano sempre meno, devi cercare di individuare i punti su cui sei più forte, le tue vocazioni, e su quelle investire di più. E quando parli di Italia nel mondo il primo pensiero è arte, bellezza, storia, cultura, paesaggio, creatività. Bisogna che diventino scelte strategiche del paese”.

Lo dice il ministro della cultura Dario Franceschini, ospite del quinto appuntamento del ciclo “Italia 2022: Persone, Lavoro, Impresa”, piattaforma di dialogo con i massimi esponenti del mondo delle istituzioni, della finanza e dell’impresa promossa da PwC Italia con il gruppo editoriale Gedi, dal titolo “Arte e Cultura: una strategia di rilancio per il Paese”.

“Una crisi adesso? Gli italiani ci dovrebbero correre dietro”, risponde il ministro alla vigilia della fiducia al Senato sul Dl aiuti. Ce poi aggiunge: “Penso prevarrà il senso di responsabilità”. Quanto alle “scelte strategiche”, dal 2014, quando si è insediato al Collegio Romano, molto, dice, è cambiato. “Abbiamo abbattuto barriere ideologiche come lo scontro pubblico-privato, anche grazie all’Art Bonus con cui abbiamo raccolto più di 650 miliardi di euro: un grande passo avanti, ma si può fare di più. Le grandi imprese, soprattutto quelle che esportano grazie al fatto che dietro i loro prodotti c’è la bellezza e la storia dell’Italia, dovrebbero restituire qualcosa al paese investendo nel patrimonio culturale”.

C’è poi l’assegnazione dei “7 miliardi dal Pnrr: la cifra più alta in assoluto”, il piano per Cinecittà, il “Tax credit più forte d’Europa” e il doppio intervento per i borghi per i quali si marcia a ritmo serrato. Ma tra storie di eccellenza, come quella di Bruno Ceretto che in Piemonte ha sposato Barolo e arte; i nuovi dati Istat che, riporta il presidente Gian Carlo Blangiardo, raccontano di “12 milioni di residenti in meno nel 2070” con “conseguenze sul Pil” ma anche sulla “capacità di essere un grande Paese”; o annosi problemi come “la nostra burocrazia”, sottolinea il Presidente e Ad PwC Italia, Giovanni Andrea Toselli.

Come sta l’Italia della cultura di oggi? A fronte di uno dei maggiori patrimoni al mondo con un valore che supera i 900 miliardi, l’impatto di ogni euro prodotto dal sistema culturale e creativo, riporta il team di Pwc Italia, attiva un moltiplicatore pari a 1,8. Il 70% degli imprenditori, poi, ritiene che il sostegno a progetti ed eventi culturali sia un elemento strategico anche per il ritorno economico. E secondo un terzo degli imprenditori i benefici si riflettono su reputazione aziendale (33%), brand (29%) e in chiave commerciale (27%).

La burocrazia? “Con il Pnrr siamo molto avanti. Abbiamo rispettato tutte le milestones del 30 giugno – assicura Franceschini – Gli esperimenti che stiamo facendo per semplificazione e snellimento delle procedure, se funzionano, potranno diventare permanenti. È una grande sperimentazione per il Paese”.

Unico eventuale attrito, i ricorsi sull’assegnazione dei fondi per i borghi, per i quali si dovranno “conciliare i tempi rigidissimi del Recovery con i nostri strutturali”. “Come ministro della cultura ho avuto rapporti con molti ministri dell’economia – aggiunge Franceschini – Ho sempre trovato grande disponibilità. Dal 2013, non solo il bilancio per la cultura non è stato tagliato, ma addirittura cresce e, con un po’ di ottimismo, penso che la scelta sia ormai irreversibile. Non c’è più nessuno che oggi può arrivare a dire: con la cultura non si mangia”.

(di Daniela Giammusso/ANSA)

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