ROMA. – L’accordo di maggioranza sulla risoluzione sull’Ucraina, in parte, sarebbe già definito: nessun riferimento allo stop alle armi, ma l’impegno ad un maggiore sforzo diplomatico nell’approccio alla guerra. Sull’intesa, però, incombe il terremoto in atto nel Movimento Cinque Stelle e le durissime accuse mosse al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che hanno tutto il sapore di una sfiducia politica e che potrebbero avere ripercussioni dirette anche sulla tenuta del governo.
Il testo, che sarà votato al Senato, dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi sul Consiglio europeo, sarà oggetto di un’ultima mediazione, quando il sottosegretario agli Affari europei Vincenzo Amendola vedrà nuovamente i rappresentanti dei partiti. Obiettivo: scrivere l’ultimo dei sei punti della risoluzione comune, quello sull’approccio dell’Italia alla guerra tra Mosca e Kiev .
Il Movimento, prima per voce della capogruppo al Senato Mariolina Castellone e poi della vicepresidente Alessandra Todde, ha svelato le sue carte. Non si punta più, come riportava una bozza preliminare realizzata da un gruppo di senatori, a dire basta tout court all’invio di armi, ma ad inserire concetti più generici come la ‘de-escalation militare’ e un nuovo protagonismo dell’Italia nello sforzo diplomatico.
E fin qui, se la linea non cambia, il resto dei partiti sarebbe d’accordo. Ma i pentastellati vogliono anche che sia messa nero su bianco la centralità del Parlamento nelle scelte sul conflitto. Un punto su cui serve un supplemento di riflessione, anche nella stesura – come spiega una fonte dem – perché ‘non si può imbrigliare il governo in una situazione così delicata e fluida e a fronte di appuntamenti internazionali dall’esito ancora incerto’.
La mediazione finale, insomma, potrebbe essere più complessa del previsto ed avere conseguenze anche sull’asse giallorosso. In casa Dem la principale preoccupazione è che non si metta in discussione il sostegno a Draghi, in particolare prima di un importante Consiglio europeo. Un eventuale strappo sull’Ucraina, in seconda battuta, determinerebbe l’addio al campo largo – è il ragionamento. Per il resto nessun tifo e nessuna ingerenza nelle questioni interne ad un’altra forza politica.
Grande apprensione per l’evoluzione della crisi tra i Cinque Stelle (che a livello numerico restano il primo gruppo parlamentare) anche nel resto della maggioranza, dove inizia a circolare il timore che, a fronte di uno strappo del Movimento, il premier possa mandare tutti al voto.
Da Palazzo Chigi nessun commento sulle polemiche: Draghi sta lavorando sulle comunicazioni alle Camere prima del vertice di Bruxelles, giovedì 23 e venerdì 24 giugno. La vice di Giuseppe Conte, Todde, pur attaccando frontalmente Di Maio, rassicura sulle intenzioni del Movimento, che sta lavorando ad un testo ‘di maggioranza’. Quindi, definisce ‘vergognoso che sia stata fatta circolata una bozza vecchia che non ha niente a che fare con la base su cui stiamo discutendo’. In attesa di capire la portata e le conseguenze della crisi, i riflettori restano puntati sulla risoluzione.
Il documento preliminare, che dovrebbe essere completato nella riunione tra i partiti e il sottosegretario Amendola, ha già 5 punti concordati in linea di massima: via libera all’adesione di Kiev all’Ue; ad una revisione radicale del Patto di stabilità europeo; ad interventi per famiglie e imprese in difficoltà; al tetto al prezzo del gas e al rafforzamento delle proposte sul futuro dell’Unione. Per scrivere l’ultimo, il più spinoso, degli impegni ci sono solo 24 ore di tempo.
(di Paola Lo Mele/ANSA)