Battaglia del Lugansk, “russi attaccano da 9 direzioni”

L'acciaieria Azovstal sotto fuoco. (ANSA)

ROMA. – L’offensiva russa in Ucraina non ha subito rallentamenti, neanche di fronte alla visita dei leader europei a Kiev.

L’Armata di Vladimir Putin sta attaccando da nove direzioni per chiudere la partita del Lugansk, mentre i separatisti che combattono al fianco di Mosca hanno annunciato di essere entrati nel perimetro della fabbrica chimica Azot, dove si annidano gli ultimi difensori di Severodonetsk.

E la loro avanzata, è il minaccioso avvertimento, non si concluderà con la conquista di tutto il Donbass.

Le sirene d’allarme nel 112esimo giorno di guerra sono suonate fino a Kiev, anche poco prima della conferenza stampa congiunta Zelensky-Draghi-Macron-Scholz. Un segnale, ha sottolineato il leader ucraino, che “la Russia minaccia tutta l’Europa”. Nel fronte più caldo, il sud-est del Paese, secondo lo stato maggiore i russi “stanno cercando di attaccare contemporaneamente da 9 direzioni”. Concentrandosi su Severodonetsk. Con l’obiettivo di distruggerla, ha denunciato il governatore Sergiy Gaidai, secondo cui tra gli scheletri degli edifici sono rimasti “10 civili”, rispetto ai 100mila residenti prima dell’invasione.

E appare a rischio anche l’ultimo avamposto, l’Azot, perché le milizie secessioniste sarebbero entrate nel perimetro della fabbrica chimica, dove resta asserragliato un non precisato numero di combattenti a difesa dell’impianto, e dove si nascondono centinaia di civili. I filorussi hanno assicurato che riapriranno i corridoi umanitari, ma per Gaidai si tratta di un’operazione “impossibile”, a causa dei “continui combattimenti e bombardamenti”.

La pressione delle truppe di invasione resta altissima anche sull’altra sponda del fiume Severskij Donec, nella città gemella di Lysychansk, dove un raid russo ha provocato almeno 3 morti e 7 feriti tra i civili. Mentre nell’oblast di Donetsk l’assalto mira a circondare e distruggere le unità delle forze di difesa nei distretti Slovyansk e Kramatorsk.

Le perdite per i difensori in questa fase continuano ad essere molto ingenti: “Fino a 500 soldati uccisi ogni giorno”, ha ammesso David Arakhamia, negoziatore di Kiev ed esponente di spicco del partito di Zelensky. Assicurando comunque che il governo è pronto, se necessario, a mobilitare “altre due milioni di persone” per combattere. Il ministro della Difesa Oleksiy Reznikov si è spinto ben oltre: le nuove armi statunitensi aiuteranno l’Ucraina a riconquistare tutti i territori occupati.

Non solo il Donbass, ma anche la Crimea. E la riconquista della penisola annessa da Mosca nel 2014 è vista con favore anche dalla Francia, come ha rivelato una fonte diplomatica di Parigi ai giornalisti che hanno seguito la missione dei leader Ue a Kiev: un sostegno significativo, arrivato dal Paese che più ha spinto per “non umiliare” Mosca in questo conflitto.

L’intelligence britannica, pur senza sbilanciarsi sul realismo degli obiettivi ucraini, ha confermato che nel Donbass le truppe russe appaino in affanno: “Probabilmente stanno operando gravemente sotto organico. Alcuni gruppi tattici di battaglioni, in genere costituiti da circa 600-800 soldati, sono stati in grado di radunarne appena 30. I soldati si muovono a piedi, e l’avanzata è lenta”, ha rilevato Londra.

Ma da dove infuria la battaglia gli invasori hanno avvertito che non si fermeranno, anzi. “Le forniture di nuove armi dell’Occidente all’Ucraina ci stanno costringendo a non fermarci ai confini della Repubblica di Donetsk”, ha detto il leader dei secessionisti Denis Pushilin.

(di Luca Mirone/ANSA).

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