ROMA. – I nodi arrivano al pettine per la Bce, chiamata risolvere il rebus di come porre fine agli acquisti di debito senza infiammare lo spread che ha già preso a correre. Il tutto condito con la crisi economica provocata da Mosca e la necessità di alzare i tassi con l’inflazione oltre l’8%.
Nella riunione di queste ore, ospitata dalla banca centrale olandese ad Amsterdam, i governatori hanno davanti una revisione al rialzo delle previsioni d’inflazione e una costellazione di rischi per la crescita: Eurostat ha migliorato il Pil a 0,6%, da 0,3% per il primo trimestre, ma le istituzioni internazionali vedono nero per il 2022. Con un’economia che rischia la stagflazione e i prezzi schizzati all’8,1% a maggio, già cosa fare sui tassi è un dilemma.
Il consenso degli economisti punta chiaramente su un primo rialzo dei tassi a luglio, da 25 punti base. Ma la Federal Reserve sta procedendo con rialzi ‘jumbo’ da 50 punti base, e ben cinque governatori ‘falchi’ premono per fare altrettanto alla Bce, anche di fronte a un apprezzamento del dollaro che crea ulteriore inflazione in Europa. L’ipotesi dunque non è esclusa, né la ha esclusa Christine Lagarde, dalle cui parole i mercati cercheranno di trarre indizi sulla velocità con cui la Bce uscirà dai tassi negativi (-0,50%).
Prima, però, la Bce chiuderà gli acquisti netti di bond che vanno avanti dal 2015: si decide in queste ore, e l’idea è farlo fra fine giugno e inizio luglio, in vista della fatidica riunione del 21 luglio, quella del primo, atteso rialzo dal 2011. Ed è qui che scatta il secondo dilemma per Lagarde. L’avvicinarsi della fine del ‘Qe’ ha già fatto impennare lo spread italiano oltre quota 200. Tanto che dai governatori della Bce da mesi filtrano indiscrezioni su uno ‘scudo’ anti-spread in preparazione a Francoforte.
Domani la presidente della Bce potrebbe, se non annunciare un pacchetto vero e proprio, usare parole mirate a spegnere il focolaio che ha preso di mira i Btp. Finora l’idea per raffreddare lo spread era stata usare i reinvestimenti del programma pandemico ‘Pepp’. Che tuttavia, secondo calcoli della Bloomberg, non genererebbero più di tre miliardi al mese di acquisti di Btp.
Gli uffici tecnici studiano un programma mirato ai Paesi in difficoltà. Che però rischierebbe di riportare alla luce il divieto di finanziamento monetario con i suoi strascichi giudiziari. Per questo Lagarde potrebbe limitarsi a usare una ‘ambiguità costruttiva’, limitandosi a un impegno verbale e rinviando decisioni formali a tempi migliori, quando un’inflazione più bassa potrebbe ammorbidire i ‘falchi’.
Il rischio, in entrambi i casi, è che i mercati mettano alla prova la determinazione della Bce, aprendo una fase di instabilità finanziaria che – con una guerra in Europa e il rischio di recessione su entrambe le sponde dell’Atlantico – è l’ultima cosa che l’Unione europea può augurarsi.
(di Domenico Conti/ANSA)