ROMA. – Non c’è traccia di negoziati di pace per fermare la guerra in Ucraina. Il Cremlino ha ribadito ancora una volta di “non escludere a priori” un incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, ma – ha precisato il portavoce Dmitry Peskov – “solo per finalizzare un certo documento”, che nelle intenzioni russe dovrebbe sancire l’annessione di Crimea e Donbass.
Documento che però al momento non c’è, vista l’impasse dei colloqui tra le parti e la posizione irremovibile dell’Ucraina che – a fatica ma con il sostegno militare dell’Occidente – si difende dalle feroce invasione e non intende cedere un centimetro di terra. Lo ha ripetuto lo stesso Zelensky, che dal primo giorno di guerra si è detto disposto a incontrare personalmente Putin. Ma “non siamo pronti a cedere nessuno dei nostri territori, perché i nostri territori sono i nostri territori: è la nostra indipendenza, la nostra sovranità”, ha sottolineato ancora il presidente ucraino pur riconoscendo che “ci sono alcune difficoltà con alcuni territori” che dovrebbero essere discusse “e quelle discussioni sarebbero necessarie per fermare la guerra”.
Sparito dai radar anche il piano italiano in quattro punti, la diplomazia internazionale tenta allora un passo alla volta, concentrandosi al momento sulla questione delle esportazioni di grano per scongiurare la minaccia sempre più concreta di una crisi globale alimentare. Con un’iniziativa che, partita dalle telefonate di Mario Draghi a Putin e Zelensky, vede in campo ora soprattutto la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, che nei giorni scorsi ha tentato una telefonata a tre con Kiev e Mosca e proposto Istanbul come sede per un incontro tra Russia, Ucraina e Onu, senza tuttavia ricevere risposte ufficiali.
Al momento Mosca e Ankara hanno concordato che la Turchia contribuirà a organizzare lo sminamento dei porti ucraini, precondizione richiesta da Putin per impegnarsi a sua volta a non attaccare le navi che dovranno trasportare il grano ucraino sul Mar Nero, ha annunciato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, che l’8 giugno andrà di persona a discuterne con il collega turco Mehmet Cavusoglu.
Sul grano “non c’è un accordo preciso”, ha spiegato infatti Peskov. “La parte turca e tutti i capi di Stato e di governo con cui si sono svolti i colloqui di recente e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres hanno ricevuto da Putin spiegazioni dettagliate sul fatto che la Russia non ostacola il passaggio delle navi cariche di grano”, ha detto rimpallando di nuovo la responsabilità alle mine piazzate dall’Ucraina di fronte alle sue coste.
Anche l’Italia – che intanto avrà la guida della missione Nato in Bulgaria, come annunciato dal ministro Guerini – è pronta a fare la sua parte nelle “eventuali operazioni di sminamento e intende favorire un ruolo centrale dell’Onu ed eventualmente di altri partner, come la Turchia”, ha affermato il titolare degli Esteri Luigi Di Maio in aula per il Question time, ammettendo che per quanto riguarda la pace “non esistono soluzioni pronte per l’uso”. “Siamo consapevoli che la diplomazia procede con pazienza, per passi successivi. Lavoriamo per delineare un percorso, senza pretendere di entrare già da ora nel merito delle questioni da risolvere, ma identificando gli ambiti che andrebbero affrontati in sede negoziale per favorire una soluzione sostenibile”.
Intanto il Consiglio di sicurezza dell’Onu terrà una riunione sull’Ucraina il 6 giugno. L’agenda dei lavori non è stata ancora definita nel dettaglio, ma è possibile che la Francia proponga una sua risoluzione – come annunciato ieri dal presidente Emmanuel Macron – per sbloccare i carichi di cereali fermi nei porti ucraini a marcire.
(di Laurence Figà-Talamanca/ANSA).