NEW YORK. – “Il lavoro da remoto non è più accettabile” a Tesla e SpaceX. Elon Musk entra a gamba tesa nel dibattito sullo smart working e lancia un ultimatum ai manager della sua società: tornate in ufficio o lasciate.
In una email il patron di Tesla è chiaro: “chi vuole lavorare da remoto deve essere in ufficio un minimo – e dico un minimo – di 40 ore alla settimana o lasciare Tesla. É meno di quanto chiediamo ai dipendenti degli stabilimenti. Se non vi fate vedere, allora presumiamo che vi siete dimessi”. Per sgombrare il campo da ogni dubbio Musk precisa poi che l’ufficio non deve essere una “filiale remota” della società ma debe riflettere l’incarico ricoperto. Insomma – scrive – “se si è responsabili delle risorse umane all’impianto di Fremont”, in California, “non si può andare in uno degli uffici in un altro stato”.
Allo smart working è lasciato solo un piccolissimo spiraglio aperto: potrà essere effettuato in circostanze “eccezionali” che il patron di Tesla valuterà e approverà direttamente.
La posizione dura del miliardario-visionario affonda le radici nella sua esperienza personale. Nell’email ai suoi dipendenti racconta infatti di aver quasi vissuto in un impianto Tesla agli inizi e questo ha consentito alla società di sopravvivere. “Più si occupano posizioni di livello, più visibile deve essere la presenza. Ci sono ovviamente aziende che non lo richiedono ma – si chiede ironicamente – quando è stata l’ultima volta che sono state in grado di fare un buon nuovo prodotto? E’ passato del tempo SpaceX ha e continuerà a creare i migliori prodotti e questo non accadrà al telefono”.
La presa di posizione di Musk conferma quanto aveva ventilato nelle scorse settimane quando, commentando la decisione di Apple di far slittare il rientro in ufficio, aveva twittato un meme che suggeriva come a suo avviso chi lavora da casa è pigro. La bocciatura del lavoro da remoto da parte del patron di Tesla apre un ampio dibattito sui social. I sostenitori dello smart working rivendicano la necessità di una maggiore flessibilità così da migliorare la qualità della vita.
I contrari invece premono per un obbligo di ritorno in ufficio per tutti senza se e senza ma. E questo perché altrimenti si rischia di aumentare le disuguaglianze sociali creando due classi di lavoratori: da un lato gli yuppie che godono di tutti i vantaggi della flessibilità e dall’altro i colletti blu che non ne hanno alcuna.
La pandemia e i lockdown hanno spalancato le porte al lavoro da remoto. L’opzione ha riscosso ampio successo fra i lavoratori che ora sono sempre più restii a tornare alle proprie scrivanie. Alle prese con le resistenze dei dipendenti, la Silicon Valley ha adottato un approccio flessibile. Alcuni big hanno optato per consentire a chi lo desidera di restare in casa, altri hanno preferito un approccio ibrido con tre giorni alla settimana in ufficio e gli altri da casa. La più tradizionale Wall Street preme da tempo per un rientro al 100% dei dipendenti nella convinzione che la distanza distrugga la cultura aziendale. Ma nelle grandi città svuotate dal Covid gli uffici continuano a restare vuoti.
New York è un esempio eclatante: solo l’8% dei dipendenti è tornato in ufficio a tempo pieno. Una quota bassa che preoccupa per le più ampie implicazioni economiche. La mancanza di colletti bianchi si ripercuote infatti su tutte le attività correlate, dalle palestre ai bar e ai ristoranti, sempre più vuoti all’ora di pranzo. Il sindaco della Grande Mela Eric Adams ha fatto del ritorno in ufficio la sua priorità lanciando svariati appelli.
Complice la criminalità e la violenza dilagante, però, le sue parole sono cadute finora nel vuoto indicando come la strada per il ritorno in ufficio appaia ancora lunga.