Allarme di Kiev: “Putin vuole il Donbass in un mese”

Colonne di fumo si alzano dalla città di Severodonetsk duramente colpita dai bombardamenti russi. Archivio. (ANSA)

ROMA.  – “Prendere il Donbass entro un mese”. Mentre Severodonetsk è sempre più stretta nella morsa dei russi, che ormai controllano la maggior parte della città e dove è stata colpita anche la fabbrica chimica Azot, l’ordine di Vladimir Putin arriva perentorio a spingere l’avanzata delle sue truppe, sempre più determinate ad assumere il controllo delle intere regioni di Lugansk e Donetsk.

Il comando inviato dal Cremlino, rivelato dagli 007 ucraini, chiarisce una volta di più le attuali priorità strategiche dell’offensiva, che dopo quasi cento giorni appare a un punto di svolta: la conquista dei territori da cui tutto è partito, con il riconoscimento da parte di Mosca delle repubbliche separatiste alla vigilia del conflitto, potrebbe far dichiarare al presidente russo missione compiuta, convincendolo a sedersi infine al tavolo delle trattative per chiudere le ostilità.

A Severodonetsk, l’avanzata sembra ormai irrefrenabile. “La maggior parte” della città è ormai in mani nemiche, ha ammesso dopo un’altra giornata di intensi combattimenti strada per strada il governatore Sehiy Gaidai, spiegando che il 90% degli edifici privati è stato distrutto o danneggiato. “Purtroppo, la linea del fronte divide la città in due. Ma la città continua a difendersi, la città è ancora ucraina, i nostri soldati la stanno difendendo”, ha assicurato il sindaco Oleksandr Stryuk.

Una battaglia cruciale, perché la sua caduta definitiva, insieme a quella della vicina Lysychansk, offrirebbe a Mosca le chiavi per il controllo dell’intera regione.

La violenza degli scontri non risparmia le infrastrutture strategiche. L’allarme è scattato nella fabbrica chimica Azot, fiore all’occhiello dell’industria locale, colpita secondo il governatore da un bombardamento russo che ha centrato un serbatoio di acido nitrico. Una sostanza “pericolosa se inalata, ingerita e se entra in contatto con la pelle”, ha ricordato, invitando la popolazione a preparare “le maschere” antigas. Un’esplosione confermata dai filorussi, che non hanno però rivendicato il raid.

Sempre più allarmante si fa anche la situazione umanitaria. Prima del conflitto, nel centro industriale vivevano centomila persone, mentre ora sono rimasti circa 12 mila civili, “intrappolati nel fuoco incrociato” e “senza sufficiente accesso ad acqua, cibo, medicine o elettricità”, secondo il Consiglio norvegese per i rifugiati. E dopo il bombardamento vicino a Lysychansk, in cui un giornalista francese è rimasto ucciso e diverse persone sono state ferite, le evacuazioni dall’area sono state interrotte.

I raid di Mosca continuano a seminare morte anche nel resto del Donbass. Un nuovo attacco missilistico ha provocato almeno tre vittime e sei feriti a Sloviansk, mentre le autorità continuano a sollecitare la popolazione ad andarsene finché possibile. “Ripeto ancora che non ci sono posti sicuri nella regione di Donetsk – ha spiegato il governatore Pavlo Kirilenko -. Quindi lancio di nuovo un appello: evacuate, salvatevi”.

A Mariupol, intanto, con il passare dei giorni si consolida il controllo di Mosca. Dopo la caduta dell’Azovstal, ha spiegato Petro Andryushchenko, consigliere del sindaco legittimo e sentinella sulla città, l’annessione è entrata in una “fase attiva”, rendendo operative le procedura per ottenere i passaporti russi, passando per la registrazione presso i separatisti dell’autoproclamata repubblica di Donetsk. La presa dei lealisti del Cremlino si stringe anche sulle infrastrutture strategiche, a partire dal porto.

Alcune navi “che si trovavano nel porto quando è iniziata l’operazione speciale” verranno requisite ed entreranno a far parte con un nuovo nome della nascente flotta commerciale dei filorussi, ha annunciato il loro leader Denis Pushilin. E sempre da Mariupol è partito anche il primo cargo, dopo almeno due mesi di blocco, che trasporta in Russia un carico di metallo, frutto secondo Kiev di saccheggi come quelli del grano. I separatisti invece esultano, celebrando la messa in sicurezza delle acque del Mar d’Azov e il loro controllo sulla regione.

(di Cristoforo Spinella/ANSA).

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