Roma a vocazione europea, ma titolo manca da 61 anni

il murales a Testaccio dell'artista romano Harry Greb con Mourinho in vespa e sciarpa giallorossa.
il murales a Testaccio dell'artista romano Harry Greb con Mourinho in vespa e sciarpa giallorossa. EPA-EFE/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA.  – Roma-Feyenoord, atto finale. La vocazione europea della squadra giallorossa oscilla tra due elementi di un paradosso. Dopo le tre big Juve, Milan e Inter é  quella che ha seminato di piu’ tra le squadre italiane, ma ha raccolto di meno anche di Parma, Lazio,  Napoli,  Fiorentina e Sampdoria, che hanno partecipato alle coppe con minore frequenza. Ecco perche’ alzare il primo trofeo in palio della Conference League, mercoledì a Tirana, avrebbe una valenza importante.

Nella bacheca internazionale della Roma infatti, a parte il trofeo anglo-italiano del 1972, c’è  solo 61 anni  fa l’antenata della Coppa Uefa, la Coppa delle Fiere 1961. Questo trofeo è riconosciuto dalla Fifa, ma non dalla Uefa per la quale, direbbe Mourinho, la Roma è a quota “zero tituli”.

É un calcio diverso quello del 1961. Helenio Herrera é appena arrivato all’Inter che poi diventerà euro-mondiale, l’Italia celebra il centenario della sua unità e sta per sbocciare il boom economico, Roma ha ancora la bocca buona per il successo delle Olimpiadi. La Roma, quinta in serie A e allenata dall’argentino Carniglia, pareggia nella finale d’andata a Birmingham con una doppietta di “Piedone” Manfredini e le parate del “ragno nero” Cudicini, vince all’Olimpico 2-0 con un’autorete, il raddoppio di Pestrin e l’illuminata regia di Angelillo. Il trofeo lo alza capitan “Omino” Losi, non ci riusciranno invece Agostino di Bartolomei nel 1984 e Giuseppe Giannini nel 1991 nelle due finali  prestigiose raggiunte poi dalla Roma.

É un percorso pieno di sostanza quella della Coppa dei Campioni 1983-84, con Liedholm in panchina, Falcao in regititoloa, Bruno Conti a inventare e Pruzzo goleador, fino alla finale dell’Olimpico col Liverpool di Dalglish e Rush. Pruzzo recupera il vantaggio di  Neal, ma i rigori risultano fatali ai giallorossi per l’istrionismo del portiere Grobbelaar, il gran rifiuto di Falcao, gli errori di Bruno Conti e Graziani.

L’occasione per il riscatto sembra profilarsi sette anni dopo: la Roma di Ottavio Bianchi, con i pilastri Aldair, Giannini, Voeller,  passa in scioltezza cinque turni per approdare nella finale di Coppa Uefa contro la robusta Inter di Trapattoni, trainata dai tre tedeschi iridati Brehme, Matthaeus e Klinsmann.

A San Siro decidono Matthaeus e Berti, al ritorno Rizzitelli  prima prende un palo e poi segna, ma il trofeo é dell’Inter.    Dopo 21 anni la Roma torna in una finale per provare ad aggiudicarsi un titolo. A parte la Juve (6 vittorie-16 finali), Milan (9-14) e Inter (6-10) come vittorie hanno fatto meglio anche altre cinque squadre: Parma (Coppa Coppe, 2 Uefa, Supercoppa), Lazio (Coppe e Supercoppa), Fiorentina e Sampdoria (Coppe) e Napoli (Uefa).

Tutti gli altri indici danno la Roma invece come quarta forza italiana in Europa. Per 42 anni ha partecipato alle coppe, ampiamente dietro Juve (58), Inter (55) e Milan (48), ma prima di Napoli (33) e Fiorentina (30).

Nella graduatoria dell’approdo ai quarti di finale la Roma é a quota18, dietro Juve (35), Inter (28) e Milan (24) ma nettamente  prima di Fiorentina (8), Lazio (7).

Stessa posizione nella classifica dei punti conquistati, 394 in 337 gare giocate: dietro a Juve (663), Milan e Inter (520) ma davanti a Lazio (257) e Napoli (254).

A confortare la tesi della vocazione europea della Roma c’è, in piena crisi del calcio italiano, il terzo percorso virtuoso in 5 anni:  oltre alla finale di Conference, la semifinale di Europa League 2021 di Fonseca, persa col Man United e quella di Champions  2018 di Di Francesco,  persa con l’onore delle armi col Liverpool dell’ex Salah, dopo avere rimontato nei quarti tre gol al Barcellona di Messi.

Questa é una delle chicche della storia giallorossa in Europa, che bissa il 3-0 ai catalani del 2002, col 3-1 al Chelsea del 2009. Altre due perle sono i successi al Bernabeu: 1-0 della Roma di Capello nel 2002 con gol di Totti contro Ronaldo e Zidane; 2-1 ed eliminazione del Real Madrid ad opera dei giallorossi di Spalletti con reti di Taddei e Vucinic.

Ma sono tante anche le “imbarcate” subite:  4-0 a Jena  1983, 7-1 col Man United 2007 e il Bayern 2015,  6-1 col Barcellona 2016 e col modesto  Bodo Glimt nell’ottobre scorso sulla strada della lunga galoppata in Conference.

A prendere per mano l’oscillante Roma di quest’anno è stato Josè Mourinho che,  dopo avere vinto con Porto, Inter e Manchester United Champions, Coppa Uefa ed Europa League, vuole essere il primo a fare poker con la Conference. I tifosi giallorossi si fidano molto della squadra e del carisma del tecnico: di finali (nazionali e internazionali)  il portoghese infatti ne ha giocate 25 vincendone 17, e nelle sette sfide per un titolo europeo fra club Mourinho ha perso solo le tre per la Supercoppa europea

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