Guerra Ucraina: Draghi non esclude l’invio di nuove armi. “Decide l’Ue”

La replica del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al termine della discussione generale sulle Comunicazioni alla Camera dei Deputati sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.
La replica del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al termine della discussione generale sulle Comunicazioni alla Camera dei Deputati sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina. (Ufficio Stampa e della Comunicazione Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Il cambio al vertice della presidenza della commissione Esteri del Senato fa deflagrare le tensioni nella maggioranza che, nell’arco di una mattinata, si trasformano in scontro aperto. Giuseppe Conte sale sulle barricate per lo ‘scippo’ ai danni dei 5 stelle, tuona contro centrodestra e Iv e tira in causa direttamente il premier Mario Draghi.

Un tutti contro tutti che Palazzo Chigi non commenta in alcun modo, ma che porta venti di crisi e anche molta irritazione nella compagine governativa. Il no ad un ulteriore invio di armi a Kiev, posizione che vede – in parte – sulla stessa linea M5s e Lega. “Penso che sia arrivata la fine dell’invio di armi”, dice Matteo Salvini.

Ma, solo qualche ora dopo, la risposta di Draghi chiarisce il quadro: l’Italia vuole “aiutare l’Ucraina a difendersi” e continuerà a farlo “quando necessario. In questo gli europei sono tutti insieme” noi “siamo membri leali dell’Unione”. Sul tema il premier dovrebbe tornare in maniera più dettagliata nell’informativa alla Camera e al Senato: un discorso ampio, che sarà concentrato sull’impegno per la pace (già in giornata ha sottolineato come non si debbano interrompere i canali diplomatici), ma che toccherà tutte le sfaccettature e le conseguenze della guerra in Ucraina: dalle sanzioni decise con i partner europei, fino al rischio di una crisi alimentare di vasta portata per i paesi più poveri.

A Montecitorio, con l’avvicinarsi delle comunali, il termometro segna temperature molto alte. I dossier su cui la maggioranza è spaccata aumentano di giorno in giorno”, si va dal braccio di ferro sulle armi alla battaglia contro il termovalorizzatore di Roma, fino ai balneari su cui l’accordo non è ancora stato trovato. Su diversi fronti è il M5s ad impuntarsi, anche in opposizione agli ‘alleati’ dem.

E alla Camera ci si domanda fino a dove si spingerà Conte, se proverà davvero a staccare la spina al governo ed, eventualmente, quanti eletti pentastellati lo seguirebbero. “Non escludo possa continuare la sua provocazione, ma credo che l’unico effetto sarebbe di spaccare i 5stelle. La vera domanda è cosa farà il Pd…”, ragiona un ministro.

Ad oggi i numeri tengono, con la fiducia votata sia alla Camera (sul decreto legge Ucraina bis) sia al Senato (sul dl riaperture). Non solo. La maggioranza dei deputati, compreso il M5s, boccia un ordine del giorno presentato da Alternativa per impegnare il governo a “valutare la possibilità di sospendere la concessione o qualsiasi atto di autorizzazione per l’esportazione di mezzi, materiali, equipaggiamenti militari ed armi letali”.

Lo scontro originato dalla commissione Esteri del Senato si ripercuote anche nei rapporti tra Pd e M5s. Per il senatore dem Andrea Marcucci “Conte sbaglia a chiamare in causa l’esecutivo”. Dal Nazareno si ribadisce lealtà: “E’ evidente che c’è stata una forzatura della destra interna alla maggioranza”.

(di Paola Lo Mele/ANSA)

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