E’ morto Mino Raiola, il ‘re Mida’ del calciomercato

Mino Raiola in una foto d'archivio.
Mino Raiola in una foto d'archivio. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

ROMA. – Non era un supereroe, ma il ‘Super-agent’ Mino Raiola, il ‘Re Mida’ del calciomercato. Se la morte a soli 54 anni, annunciata oggi con un post dalla famiglia dopo le voci, le indiscrezioni e perfino le fake news, segna la parola fine al suo impegno, non potrà cancellare il ricordo di chi, dall’inizio del nuovo millennio, ha contribuito a plasmare, nel bene e nel male, l’attuale mondo del pallone.

Da cameriere alle prime esperienze nel ristorante del padre, emigrato in Olanda con la famiglia da Nocera Inferiore, e da giocatore delle giovanili dell’Harleem, Raiola ha trovato in fretta la sua strada come intermediario, imparando a districarsi da maestro in un labirinto di contratti e clausole, rapporti e dritte, simpatie e contrasti, forte della padronanza di sette lingue e di un innato senso degli trattativa.

Che l’hanno portato ad avere in ‘portafoglio’ campioni come Ibrahimovic e Pogba, trasferiti a suon di milioni – e di commissioni esorbitanti – da un club all’altro. Spesso nel mirino dei tanti detrattori, ritenuto il simbolo di una mercificazione estrema di un mondo che pure non ha mai brillato per limpidezza, il procuratore italiano è sempre andato avanti per la sua strada, scontrandosi con tanti club e allenatori, ma anche con le federazioni e addirittura la Fifa, mentre con una stretta di mano, una telefonata, una firma, segnava il destino di centinaia di giocatori e di tanti campioni, da Pavel Nedved a Zlatan Ibrahimovic, da Mario Balotelli a Paul Pogba, fino a Gigi Donnarumma ed Erling Haaland, solo per citarne alcuni.

Per tutti, si è sempre vantato di “dare il 100%”, cercando di giustificare così anche le commissioni monstre incassate. Secondo Forbes, nel 2020 la sua agenzia aveva portato a casa 75 milioni di euro, pari ad un giro d’affari almeno dieci volte superiore. Cifre che hanno creato invidie e anche dubbi sulla logica che sta dietro al sistema dove agiscono centinaia di altri personaggi. Ma Raiola, insieme con lo spagnolo Jorge Mendes, era sul podio, inamovibile.

Tra i tanti aneddoti da riferire, c’è quello raccontato nella sua biografia di Zlatan Ibrahimovic e riguardante il loro primo incontro, quando giocava nell’Ajax. Lo svedese si presentò in Porsche, elegantissimo, e si trovò davanti un “ciccione in jeans e t-shirt”. Un tratto caratteristico dell’italiano, lo stile più che casual, che raccontava gli fosse stato suggerito da un suo professore di storia.

Di fatto, invece di incantare Ibra con promesse di ingaggi milionari, Raiola lo mise al tappeto mostrandogli le sue statistiche di realizzazione, quasi misere di fonte ai gol segnati da Vieri, Inzaghi e Trezeguet. L’attaccante ne fu colpito e conquistato, si mise sul serio ad allenarsi per crescere e i risultati diedero ragione a entrambi. E proprio l’attuale attaccante del Milan negli ultimi giorni è stato tra i più vicini all’amico, andando anche a trovarlo al San Raffaele dove era ricoverato, ma decine sono già i post e i messaggi di commiato di giocatori e dirigenti che l’hanno conosciuto.

“Ho la fortuna di avere grandi giocatori. Se riesco a farli crescere sono contento, sono loro ad avere talento”, rispondeva Raiola a chi gli chiedeva il segreto del suo successo, mentre alle accuse di creare ad arte problemi per favorire i continui trasferimenti dei suoi assistiti, e quindi alzare nuove commissioni, replicava: “Io non creo casini né chiedo ai miei giocatori di crearli, se c’è casino li porto via”.

Forte della sua posizione, non ha mai avuto paura di polemizzare con personaggi del calibro di Alex Ferguson e Pep Guardiola. Nel 2015 annunciò di volersi candidare alla presidenza della Fifa, un’istituzione con cui è sempre stato in conflitto e che aveva attaccato anche pochi mesi fa, prima che la malattia cominciasse ad avere il sopravvento. Ora che l’ha avuto definitivamente, la notizia della sua morte fa il giro d’Europa, dalla Spagna all’Inghilterra.

Chi ha concluso trattative con lui lo saluta tra dolore e ironia, la famiglia chiede ‘privacy’, la stessa alla quale il mestiere di procuratore lo aveva abituato da vivo. “E’ stato il più straordinario procuratore di sempre – il ricordo della famiglia – E’ stato parte di tanti calciatori e ha scritto un capitolo indelebile nella storia del calcio moderno. Il suo progetto di rendere il mondo del calcio un mondo migliore per i calciatori sarà portato avanti con la stessa passione”. Ma senza il suo Re Mida, il calciomercato non sarà più uguale a ieri.

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