Potere d’acquisto giù cinque punti. Scontro Bonomi e Orlando

Manifestazione sul lavoro. Immagine d'archivio.
Manifestazione sul lavoro. Immagine d'archivio. (Ansa)

ROMA. – Nel 2022 si stima un calo del potere d’acquisto dei salari di quasi cinque punti: quest’anno le retribuzioni saliranno in media dello 0,8% ma l’inflazione acquisita per ora è già del 5,2% con una crescita dei prezzi a marzo che si è fissata al 6,5%. Nel mese le retribuzioni contrattuali sono aumentate dello 0,1% su febbraio e dello 0,7% rispetto allo stesso periodo con una dinamica molto più lenta rispetto a quella dei prezzi che potrebbe mettere in difficoltà molte famiglie italiane a reddito fisso.

A fare i conti è l’Istat mentre continua il duro confronto tra Confindustria e il ministro del Lavoro Andrea Orlando. “La nostra posizione è ridicola? – dice il presidente degli industriali Carlo Bonomi – Io aspetto di avere dal ministro una proposta migliorativa. Se fa una proposta, noi siamo disponibilissimi a guardarla. Numeri della mano però”. La proposta del taglio del cuneo, secondo Confindustria, darebbe 1.223 euro in più ai lavoratori e consentirebbe un risparmio di 612 euro per i datori su una retribuzione lorda da 35 mila euro.

“Bisogna mettere soldi in tasca agli italiani – afferma Bonomi – ma la strada non quella della detassazione degli aumenti salari. Con l’aumento dei costi delle materie prima nelle aziende non c’è più spazio per gli aumenti salariali”. Pronta la replica di Orlando che col crollo del potere d’acquisto vede “il rischio di una rottura di carattere sociale”.

La volontà per un accordo tra le parti da parte di Confindustria – aggiunge – “mi pare di non vederla: vedo evocare un patto ma non appena si entra nel merito che questo patto prescinda dall’utilizzo delle risorse della fiscalità generale, il ragionamento sul patto si interrompe. Questo non mi fa sperare”. Il leader Cgil, Maurizio Landini rovescia su Confindustria l’accusa che a lungo ha avuto il suo sindacato.

“E’ cambiato il mondo, è la Confindustria dei no” che “continua a ragionare come se non ci fosse stata la pandemia, se non ci fosse la crisi sociale”. E Orlando, che pure ribadisce che con gli industriali si sono fatti molti accordi, non nasconde che “c’è una postura del presidente Bonomi a porsi come uomo forte, uomo di punta che comprendo ma non sempre aiuta un ragionamento sereno”.

Guarda i dati Istat il segretario della Uil, Perpaolo Bombardieri: “Confermano le nostre preoccupazioni – dice – Con buona pace del Presidente di Confindustria, bisogna puntare, dunque, sulla politica salariale: è una questione di giustizia ma anche di efficienza economica perché solo aumentando i redditi fissi si possono evitare il crollo della domanda interna, la chiusura delle aziende e ulteriore disoccupazione. Inoltre, bisogna agire sulla leva fiscale, riducendo il cuneo fiscale e le tasse che pesano su salari e pensioni”.

I dati Istat sono ricchi di dettagli. Gli aumenti previsti dai contratti rinnovati non sono al passo con l’inflazione ma oltre la metà dei lavoratori dipendenti ha il contratto scaduto. Alla fine di marzo 2022, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,6% dei dipendenti – circa 5,5 milioni – e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo.

I contratti in attesa di rinnovo sono 34 e coinvolgono circa 6,8 milioni di dipendenti, il 55,4% del totale. Il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2021 e marzo 2022, è aumentato da 22,6 a 30,8 mesi. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2022 è cresciuta in termini nominali dello 0,6% sullo stesso periodo del 2021.

I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli delle farmacie private (+3,9%), dell’edilizia (+3,3%), delle telecomunicazioni (+2,5%) mentre l’incremento è nullo per il commercio, i servizi di informazione e comunicazione, il credito e assicurazioni e la pubblica amministrazione.

La coda della pandemia e la guerra in Ucraina pesano anche sulla fiducia dei consumatori che ad aprile cala al livello più basso da novembre 2020. Buoni risultati arrivano invece dal fatturato dell’industria con un aumento congiunturale a febbraio del 2,8 che porta il valore al livello più alto dall’inizio delle serie storiche (gennaio 2000). Rispetto a febbraio 2021 si registra un aumento del 20,9%, trainato dall’energia (+47,7%).

(di Alessia Tagliacozzo/ANSA)

Lascia un commento