Presidente Mattarella: “Sì alle sanzioni. Pace stile Helsinki, non Yalta”

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo intervento all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Strasburgo a Palais de l’Europe,durante il suo intervento all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

STRASBURGO. – E’ l’ora del dialogo e non delle prove di forza. Dello spirito di Helsinki, non di quello di Yalta. Alla sua prima uscita all’estero dalla rielezione al Quirinale e in un consesso che ha nel multilateralismo una delle sue ragion d’essere, Sergio Mattarella va oltre la necessità del sostegno all’Ucraina, ribadendo il sì di Roma a nuove sanzioni e indicando con forza la via della pace.

Lo fa mentre dalla Russia si susseguono le minacce all’Europa e mentre, anche in Occidente, c’è chi non lesina toni bellicisti nei confronti di Mosca. “La guerra è un mostro vorace, mai sazio. La tentazione di moltiplicare i conflitti è sullo sfondo. Dobbiamo saper opporre a tutto questo la decisa volontà della pace. Diversamente ne saremo travolti”, è l’avvertimento di Mattarella.

E’ un discorso lungo e ricchissimo di rimandi storici quello che il Capo dello Stato pronuncia all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Dove, sempre il 27 aprile ma questa volta dell”83, l’allora presidente Sandro Pertini si soffermò sull’esclusione dall’istituzione di Grecia e Turchia, entrambe teatro di colpi di Stato militari.

Lo scenario oggi è cambiato ma non è mutata la risolutezza del Consiglio d’Europa, presieduto fino a fine maggio proprio dall’Italia. E’ la Russia, infatti, ad essere stata esclusa il 16 marzo e la responsabilità “è del Cremlino, non del popolo russo”, precisa Mattarella prima di lanciare l’ennesimo appello a Mosca: “sappia fermarsi”.

Il capo dello Stato, per indicare una exit strategy “dall’incubo della guerra” in cui è ripiombato il Vecchio Continente, sceglie di guardare indietro, alla guerra fredda. “Esercitiamoci a compitare parole che credevamo cadute ormai in disuso, per vedere se ci possono aiutare: distensione, per interrompere le ostilità; ripudio della guerra, per tornare allo statu quo ante; coesistenza pacifica come condizione per il rispetto della dignità di ciascuno”, elenca il presidente prima andare al nocciolo del suo ragionamento.

“Helsinki e non Yalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali”. E’ la Conferenza che si svolse nel 1975 in Finlandia, per Mattarella, il faro a cui dovrebbe guardare la comunità internazionale. A Helsinki si riunirono allo stesso tavolo Usa, Urss, Canada e Paesi europei. Lì nacque l’Osce e, a quel tavolo il tema dei diritti umani fu centrale come poche volte in precedenza.

Nel suo intervento Mattarella – accompagnato a Strasburgo dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio – ripete più volte la parola pace. Una pace e una stabilità “che non sono garantite per sempre” e sono “frutto della volontà degli uomini”, sottolinea il capo dello Stato consapevole della difficoltà di negoziare con Mosca ma che, allo stesso tempo, “non c’è altra strada” per risolvere il conflitto. Una pace, rimarca citando uno dei padri fondatori dell’Ue, Robert Schuman, per cui è necessario uno “sforzo creativo”.

Da parte dell’Occidente, certo. Ma soprattutto di una Russia che “ha scelto di collocarsi fuori dalle regole” seguendo una visione “staliniana, imperialista e neo-colonialista” e che “non ha più diritto di esistere nel terzo millennio”.

Mattarella parla ad una platea di oltre trecento delegati parlamentari provenienti da 46 Paesi. Si rivolge ad un’istituzione fondata nel 1949 – otto anni prima della Cee – che spesso ha prefigurato scelte prese poi da Bruxelles. Un’Ue “spinta all’unità” dall’aggressione russa, che ora dovrà lavorare sui tanti effetti della guerra, a cominciare dall’aumento del costo della vita, spiega Mattarella rispondendo alle tante domande provenienti dai delegati.

E quando dai conservatori britannici viene obiettato che non tutte le imprese italiane rispettano le sanzioni Mattarella quasi sobbalza dalla sedia. “L’impianto sanzionatorio è pienamente e rigorosamente operativo” ma essendo l’Italia “un’economia di mercato” le imprese “si regolano in autonomia”, scandisce. Prima di ribadire al Consiglio d’Europa ma anche a Londra e agli Alleati Occidentali un principio: “l’Italia è pronta a nuove sanzioni senza alcuna esitazione”.

(dell’inviato Michele Esposito/ANSA)

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