Papa Francesco: “La giustizia è credibile se libera da influenze politiche”

Papa Francesco con i rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura.
Papa Francesco con i rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura. (Foto Vatican News)

CITTÀ DEL VATICANO. – “Sono la credibilità della testimonianza, l’amore per la giustizia, l’autorevolezza, l’indipendenza dagli altri poteri costituiti e un leale pluralismo di posizioni gli antidoti per non far prevalere le influenze politiche, le inefficienze e le varie disonestà”.

Sono molte le raccomandazioni rivolte da papa Francesco al mondo della giustizia nell’odierna udienza in Sala Nervi al Consiglio Superiore della Magistratura, al quale ha indicato che “governare la Magistratura secondo virtù significa ritornare a essere presidio e sintesi alta dell’esercizio al quale siete stati chiamati”.

“Il popolo chiede giustizia e la giustizia ha bisogno di verità, di fiducia, di lealtà e di purezza di intenti”, ha sottolineato il Pontefice. “Ascoltare ancora oggi il grido di chi non ha voce e subisce un’ingiustizia vi aiuta a trasformare il potere ricevuto dall’Ordinamento in servizio a favore della dignità della persona umana e del bene comune”.

Il Papa non ha mancato di soffermarsi sulla riforma della giustizia, partendo dal presupposto che “la domanda storica sul ‘come’ si amministra la giustizia passa sempre dalle riforme”. “Il Vangelo di Giovanni, al cap. 15 – ha quindi spiegato -, ci insegna a potare i rami secchi senza però amputare l’albero della giustizia, per contrastare così le lotte di potere, i clientelismi, le varie forme di corruzione, la negligenza e le ingiuste posizioni di rendita”. “Questa problematica, queste situazioni brutte voi le conoscete bene, e tante volte dovete lottare fortemente perché non crescano”, ha aggiunto ‘a braccio’.

Ma per Francesco, “nessuna riforma politica della giustizia può cambiare la vita di chi la amministra, se prima non si sceglie davanti alla propria coscienza ‘per chi’, ‘come’ e ‘perché’ fare giustizia. È una decisione della propria coscienza”. “Così insegnava Santa Caterina da Siena – ha ricordato -, quando sosteneva che per riformare occorre prima riformare sé stessi”.

Cosa che quindi devono fare anche i giudici. Bergoglio, tra le altre cose, dinanzi al Csm – guidato dal vice presidente David Ermini – ha anche spezzato una lancia per “la cultura della giustizia riparativa”, che “è l’unico e vero antidoto alla vendetta e all’oblio, perché guarda alla ricomposizione dei legami spezzati e permette la bonifica della terra sporcata dal sangue del fratello”.

E ai magistrati italiani ha indicato l’esempio di Rosario Livatino, “il primo magistrato Beato nella storia della Chiesa”, un modello “nella dialettica tra rigore e coerenza da un lato, e umanità dall’altro”. Livatino, ha concluso, “è stato assassinato a soli trentotto anni, lasciandoci la forza della sua testimonianza credibile, ma anche la chiarezza di un’idea di Magistratura a cui tendere”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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