La guerra morde grandi gruppi in Borsa, crollano i russi

Un cittadino passa davanti a uno schermo che riporta l'andamento del giorno della borsa di New York e Shangai. in Tokyo.
Un cittadino passa davanti a uno schermo che riporta l'andamento del giorno della borsa di New York e Shangai. in Tokyo. (ANSA-EPA/KIMIMASA MAYAMA)

MILANO. – La guerra in Ucraina morde le multinazionali industriali quotate che, a fine marzo, fanno registrare un calo del 2,1% del valore di Borsa.  Ad essere maggiormente penalizzati dal conflitto sono i grandi gruppi russi che chiudono i primi tre mesi dell’anno con un crollo del 35,4%.

L’impatto negativo in Borsa arriva dopo un 2021 che ha fatto registrare una netta ripresa dopo la profonda crisi provocata dalla pandemia.

Nei primi tre mesi dell’anno, secondo l’analisi realizzata dall’Area Studi di Mediobanca sui conti di 215 multinazionali industriali mondiali,  si registra un calo a doppia cifra delle performance di Borsa dei gruppi della moda (-15,5%), Media&Entertainment (-14,5%) e automotive (-10,2%), dall’industria dei pagamenti digitali (-4,6%), dall’alimentare (- 3,4%) e dai produttori di aeromobili (-2,0%). Il settore delle bevande, il metallurgico, l’elettronico, le case farmaceutiche e la grande distribuzione mostrano una certa resilienza, con capitalizzazione tendenzialmente stabile che oscilla fra -1,4% e +1,7%.

In controtendenza i colossi dell’energia (Oil&Gas), le cui quotazioni di Borsa crescono a doppia cifra (+20,5%), e le Telecomunicazioni (+5,6%). Sempre nel primo trimestre 2022, a livello geografico ed escludendo il comparto energetico, performance di Borsa positiva solo per i gruppi sud-americani (+6,9%), mentre soffrono quelli nord-americani (-3,7%), ma soprattutto gli europei (-6,0%) e gli asiatici (-6,7%). Nel vecchio continente le quotazioni di mercato premiano solo le multinazionali britanniche, sostenute dai titoli farmaceutici (+5,4%), in contrazione i gruppi tedeschi (-9,2%), francesi (-9,7%) e italiani (-11,5%).

Per la Russia, in modo particolare, l’energia rappresenta il settore strategico per l’economia. Lo dimostrano i dati sulle esportazioni e la dipendenza dei Paesi europei dalle forniture di gas. Il cliente maggiore di Mosca sono la Lettonia (100% di gas importato), Austria (80%), Germania (46%) e Italia (38%). Di conseguenza i primi tre gruppi russi per fatturato sono i colossi dell’energia Lukoil, la maggiore società petrolífera privata russa, Gazprom e Rosneft Oil, entrambe a controllo statale.

Uno sguardo ai principali 22 gruppi industriali russi, con fatturato superiore a sei miliardi di euro ciascuno nel 2021, restituisce un’idea dei settori chiave per l’economia russa: sette sono metallurgici, cinque dell’energia, tre delle telecomunicazioni, due minerari e della Grande distribuzione, uno chimico (fertilizzanti), uno specializzato nell’elettronica e nella difesa (a controllo statale) e l’eretailer Willdberries (l’Amazon della Russia).

Fra i gruppi russi di dimensioni minori, degni di nota sono Yandex, il motore di ricerca russo con un fatturato (4,2 miliardi di euro nel 2021) quasi 55 volte inferiore a quello di Alphabet (Google), AvtoVaz, il principale produttore automobilistico (controllato per il 68% dal grupo francese Renault). Infine, la National Payment Card System, controllata dalla Banca Centrale Russa, che gestisce il sistema di pagamento interno russo Mir con 95 milioni di carte in circolazione.

La guerra in Ucraina ha interrotto la ripresa del giro d’affari delle multinazionali mondiali. Nel 2021 i gruppi industriali quotati hanno registrato una crescita del +20,6% rispetto al 2020, superando del +15,0% i livelli pre-pandemici.

Produttori di aeromobili e automotive sono gli unici comparti ancora in sofferenza (rispettivamente -22,4% e -2,6% rispetto al 2019), mentre new economy & high tech risultano in continua progressione. Anche le multinazionali metallurgiche segnalano una crescita importante (+20,9%), sostenuta dalla ripresa della domanda e dall’aumento dei prezzi.

Aumenti inferiori alla media, ma comunque a doppia cifra, per l’industria alimentare (+11,8%) e la grande distribuzione (+11,0%). Più contenuta la crescita di moda (+5,4%), telecomunicazioni (+5,1%) e dell’energia (+2,2%).

(di Massimo Lapenda/ANSA).

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