I saccheggi: lo shopping di guerra dei soldati russi

Un soldato russo porta via una televisione. (Ansalatina)

ROMA.  – Razzie non solo sfregio ai nemici ma vero shopping di guerra. Saccheggi per portarsi a casa un po’ di agi e superfluo dell’odiata Europa.

I soldati russi in “missione speciale” non disdegnano di depredare le case degli ucraini letteralmente spogliate: in particolare mirano a elettrodomestici, giocattoli per bambini e, ricercatissimi, articoli per il make up.

L’Occidente e il consumismo diventano bottino di guerra e alla bisogna veicolo per affari. “Portami un vestito della mia taglia, trucchi e scarpe da ginnastica”, sono le richieste ad un soldato russo in una telefonata intercettata dai Servizi di sicurezza ucraini. Bottino ambitissimo diventano anche lavatrici, laptop, telefonini, ogni sorta di tecnologia.

Il ministero della Difesa ucraino parla di un vero e proprio bazar messo su dagli occupanti russi a Naroŭlja, in Bielorussia, dove si possono acquistare dagli elettrodomestici ai gioielli e persino quadri, per chi oltre all’assenza di scrupoli è in vena di “acquisti” artistici.

Il commercio dei beni rubati agli ucraini è ben strutturato: dalla città nord orientale di Sumy partono i camion con gli oggetti razziati che finiscono a Mazyr, in Bielorussia, dove sarebbero stoccati e poi venduti a Naroŭlja. Sempre i servizi di sicurezza ucraini parlano addirittura di spedizioni degli oggetti più ingombranti in Russia attraverso il sistema di consegna espresso russo Cdek.

I saccheggi colpirebbero soprattutto la regione di Kiev, con i martoriati centri dell’hinterland teatro di ogni tragica sceneggiatura bellica: esecuzioni, stupri, razzie, fame, morte.

Nelle intercettazioni i militari russi di stanza in questa regione si definiscono “fortunati” considerando la grande quantità di oggetti che possono rubare. E “fortunati” si definiscono anche quelli destinati negli angoli più bui dell’Ucraina, Bucha, Irpin e Mariupol, dove agli orrori  delle vite strappate segue sempre l’appropriarsi indiscriminato dei beni. Un catalogo di crimini di guerra infinito.

Un sistema di fatto ben strutturato e organizzato che fa commercio di beni e ricordi di vite altrui spogliate di ogni cosa, oltre che della dignità. Gli oggetti dei nemici considerati non più trofei di guerra ma merce ambita, un pezzo di Europa che più che combattere si è disposti a pagare per averla.

Non a caso gli oggetti più cercati sono simbolo del consumismo occidentale, come lavatrici e lavastoviglie, frigoriferi, auto, biciclette, moto. Agognati cosmetici, gioielli, vestiti alla moda, sneakers, giocattoli. Ovvero il superfluo, variante vanitosa del consumismo.

Nella piccola centrale di affari e riciclaggio di Naroŭlja, al confine con la Bielorussia, i servizi di sicurezza ucraini segnalano anche che i soldati russi cercano di cambiare i soldi provento di razzia con valute “nemiche”, ovvero dollari ed euro. Tutto meno che rubli, ovviamente. Che le ragioni patriottiche dell’armata di Putin si annullano davanti alle leggi di mercato. Alcuni azzardano addirittura un market on line, e vendono reperti bellici, persino divise e mostrine dell’esercito nemico.

Tantissimi nei gruppi sui social di mutuo soccorso degli ucraini sfollati e depredati, da Telegram a Facebook, denunciano i saccheggi di massa e segnalano, con foto e generalità, ‘i predoni che operano a Mazyr’. “Hanno rubato tutto. Hanno rubato le cose dei bambini, hanno posto per tutto ma i corpi dei morti non si sono degnati di raccoglierli”, dice Anna. E Oleg cita a suo modo lo zar Alessandro III: “La Russia ha solo due veri alleati, i suoi saccheggi e le sue torture”.

Ma l’imperatore dei Romanov a puntellare il magnifico isolamento russo non ci aveva messo ovviamente razzie e torture ma la flotta e l’esercito. Quell’esercito che ora saccheggia l’Ucraina.

(di Tiziana Torrisi/ANSA).

Lascia un commento