Italiano rapito da Isis in Siria racconta il suo inferno

I terroristi dell'ISIS Alexanda Kotey (S) e El Shafee Elsheikh (D) in una composizione grafica con foto rilasciate dal Alexandria Sheriff's Office di Virginia, USA. ANSA/EPA/ALEXANDRIA SHERIFF'S OFFICE / HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

WASHINGTON.  – Percosse, scosse elettriche, privazione del sonno, waterboarding. É una sequela di orrori il racconto, in un tribunale della Virginia, delle torture fisiche e psicologiche subite per oltre un anno da Federico Motka, l’italiano rapito in Siria dai jihadisti dell’Isis.

Il cooperante italiano, che all’epoca del sequestro nei pressi di Atmeh coordinava le attività umanitarie della ong francese Acted in un campo profughi nella regione di Idlib, ha testimoniato nel processo contro El Shafee Elsheikh, uno dei cosiddetti “Beatles dell’Isis”, i terroristi con passaporto britannico che per paura di essere identificati dai servizi segreti per via del loro forte accento decisero di chiamarsi con i nomi dei “Fab Four”. L’italiano è stato il primo di 50 testimoni che si susseguiranno nei prossimi giorni.

Elsheikh, che secondo gli inquirenti era “George”, è accusato assieme agli altri tre del rapimento di decine di persone e della decapitazione di quattro cittadini americani, i giornalisti James Foley e Steven Sotloff e gli operatori umanitari Kayla Mueller e Peter Kassig. Della cellula terroristica facevano parte anche Mohammed Emwazi, il famigerato “jihadi John” ucciso da un drone americano in Siria nel 2015, Alexanda “Ringo” Kotey, che a settembre ha confessato le sue colpe nello stesso tribunale della Virginia e Aine Davis, ex spacciatore di Londra recatosi in Siria nel 2013 e arrestato in Turchia  sei anni fa.

Nella sua testimonianza ad Alexandria, Motka ha ripercorso la lunga prigionia da marzo 2013 a maggio 2014. Quattordici mesi di atroci sevizie durante i quali i suoi aguzzini lo hanno “ripetutamente picchiato”, una volta per un’ora di seguito con un tubo di gomma, tenuto in isolamento in uno spazio angusto che gli ostaggi avevano ribattezzato ‘the box’, costretto in posizioni scomode per ore e ore. Torture che il cooperante aveva già raccontato agli inquirenti di Roma qualche anno fa ma su cui è stato costretto a tornare in aula. Motka, oggi 39enne, ha anche rivelato che ai terroristi “piaceva giocare” e per questo avevano dato a ognuno dei rapiti dei “nomi di cani. Ogni volta che ci chiamavano, dovevamo correre”.

“Mi accusavano di essere arrogante e che mi avrebbero ucciso”, ha raccontato ancora Motka dicendo al giudice che i jihadisti lo “prendevano in giro per il suo accento snob”. Con Federico venne rapito anche l’ingegnere britannico David Cawthorne Haines, purtroppo poi decapitato in un’esecuzione filmata per propaganda nel settembre 2014.

Secondo gli inquirenti i Beatles dell’Isis hanno sequestrato e tenuto in ostaggio almeno 27 persone. Elsheikh, londinese di origine sudanese al quale nel 2018 è stata tolta la cittadinanza britannica, è considerato un personaggio chiave all’interno della cellula terroristica. La sua difesa ha provato a dipingerlo come un “semplice combattente dell’Isis” ma per gli inquirenti è uno spietato terrorista colpevole di torture ed esecuzioni di innocenti.

(di Benedetta Guerrera/ANSA).

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