Raid sul petrolio in Russia, Mosca furiosa accusa Kiev

Un deposito di petrolio in fiamme in Russia. (ANSA)

ROMA.  – Un’enorme colonna di fuoco che brucia un deposito di petrolio a Belgorod, in Russia: è questa l’immagine principale del 37esimo giorno di guerra in Ucraina che, per la prima volta, si è estesa oltre i confini, toccando il suolo del Paese invasore.

Mosca non ha dubbi, è stato un raid effettuato da elicotteri ucraini, che “peserà sui colloqui di pace”. Kiev inizialmente ha risposto in modo ambiguo, salvo poi smentire il suo coinvolgimento diverse ore dopo. In ogni caso, il raid di Belgorod ha segnato un’ulteriore escalation sul terreno, dove si continua a combattere su tutti i fronti: a Chernhiv, dove è stato distrutto l’ospedale oncologico di Chernihiv, e intorno a Kiev, dove gli ucraini hanno ripreso il sobborgo di Bucha.

L’incendio a Belgorod, a 40 km a nord dal confine ucraino, è scoppiato in piena notte. Secondo le autorità locali, è stato provocato da due elicotteri ucraini che hanno attraversato il confine a bassa quota colpendo un impianto di stoccaggio del carburante della compagnia petrolifera statale Rosneft. Otto serbatoi sono andati in fiamme ed è servito tutto il giorno ai vigili del fuoco per domarle. Tutti i residenti della zona sono stati evacuati e ci sono stati due feriti tra il personale.

I primi video iniziati a circolare hanno mostrato, oltr  all’incendio, anche la scia di un attacco missilistico dal cielo, e la Cnn ha verificato che in effetti due elicotteri stavano sorvolando in quel momento Belgorod, ma l’emittente americana non ha potuto confermare la loro bandiera. Per il ministero della Difesa russo l’impianto è stato colpito da due MI-24, elicotteri da guerra di fabbricazione sovietica in dotazione alle forze armate ucraine. La prima risposta di Kiev è stata ambigua: “L’Ucraina sta conducendo un’operazione defensiva sul proprio territorio, e questo non significa che siamo responsabili di ogni catastrofe sul territorio russo. Non confermerò né smentirò queste accuse”, ha spiegato il portavoce della Difesa Oleksandr Motuzyanyk.

Insinuando un incidente frutto di negligenza russa, mentre molti importanti commentatori ucraini hanno suggerito che l’attacco potrebbe essere stato condotto sotto “falsa bandiera” da Mosca per giustificare ulteriori offensive o per affossare i negoziati. Alcune ore dopo il Consiglio di sicurezza nazionale ucraino ha ricalibrato, affermando che le accuse russe, “in base alle nostre informazioni, non corrispondo a realtà”.

Se l’attacco a Belgorod fosse effettivamente opera di Kiev, sarebbe il primo condotto in territorio russo. Tra l’altro, su un obiettivo strategico, il deposito che ha assicurato i rifornimenti di carburante per alimentare l’invasione russa lungo la direttrice per Kharkiv. E sarebbe anche un segnale che la controffensiva ha sempre più slancio e che l’Ucraina è ancora in grado di colpire con le sue forze aeree, nonostante i proclami di Mosca.

Per il Cremlino comunque il raid a Belgorod “non creerà le giuste condizioni per la continuazione dei negoziati”. E sul suolo ucraino le forze armate russe hanno continuato ad attaccare su tutti i fronti. A Kiev il sindaco Vitaliy Klitschko ha parlato di “enormi” battaglie a nord e ad est della capitale, ma nei sobborghi gli ucraini hanno rivendicato la liberazione di Bucha. Sempre nel nord-est l’artiglieria degli occupanti ha distrutto il reparto di oncologia a Chernihiv, mentre a Kharkhiv la seconda università più antica dell’Ucraina ormai è stata ridotta ad un cumulo di macerie.

Sul fronte principale dell’offensiva, il Donbass, l’Armata di Putin continua a rafforzare il proprio contingente, soprattutto intorno a Mariupol, per far cadere la prima grande città costiera dall’inizio della guerra. Pesanti bombardamenti hanno colpito anche la regione del Lugansk, che per metà è ancora controllata dagli ucraini. L’unico segnale, seppur lieve, di apertura tra Mosca e Kiev è stato il secondo scambio di prigionieri. Gli ucraini hanno fatto sapere che 86 suoi soldati sono tornati a casa, 15 di loro sono donne.

(di Luca Mirone/ANSA).

Lascia un commento