Erdogan pressa Putin: “Incontra Zelensky in Turchia”

Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin si stringono la mano all'inaugurazione del gasdotto TurkStream.
Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin si stringono la mano all'inaugurazione del gasdotto TurkStream. Immagine d'archivio.

ROMA.  – Cresce la pressione diplomatica su Vladimir Putin affinché faccia un salto di qualità nel negoziato attraverso un incontro diretto con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Al centro della scena resta il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, nell’ennesima lunga telefonata con il presidente russo, ha nuovamente chiesto che i due contendenti si incontrino in Turchia per permettere una svolta negoziale che parecchi protagonisti, sia in Russia che Ucraina, considerano matura.

Ma lo zar tace e sembra non essere ancora pronto ad incontrare Zelensky. Il suo ministro degli Esteri, Serghej Lavrov, è prudente ma possibilista: “L’Ucraina ha mostrato molta più comprensione sulla Crimea e il Donbass” e, ha sottolineato, in queste ore la Russia sta preparando le sue risposte alle proposte ucraine fatte a Istanbul.

“La parte ucraina ha messo su carta la sua visione degli accordi da raggiungere, questi accordi devono essere prima formalizzati. Stiamo preparando una risposta. C’è un movimento in avanti, soprattutto, nel riconoscere l’impossibilità per l’Ucraina di essere un Paese del blocco della Nato”, ha spiegato nel corso di una visita in India con la quale Mosca ha cercato di blandire il gigante asiático offrendogli ulteriori forniture di petrolio a prezzi stracciati.

Una mossa che conferma la necessità che ha il regime di trovare  nuove entrate economiche.

La sensazione comunque è che qualcosa si muova e che il lavoro sottotraccia per arrivare a un testo base concordato, preludio per il faccia a faccia Putin-Zelensky, stia avanzando. Lo conferma il fatto che i negoziati online tra Russia e Ucraina stiano proseguendo, pur nel riserbo delle fonti.

Ma se la Russia sta lavorandosi diplomaticamente un Paese non allineato con l’Occidente come l’India, anche l’Unione europea fa la sua parte. Oggi i vertici Ue – con il presidente della Commissione Ursula von der Leyen ed il presidente del Consiglio Charles Michel – si sono collegati, anche loro online e per oltre due ore, con il premier cinese Li Keqiang chiedendo con forza a Pechino di “intervenire per fermare la guerra”. Se le fonti cinesi come sempre sono imperscrutabili ci pensano quelle europee a riferire che “nel corso dei colloqui il presidente cinese Xi Jinping ha indicato che sono in corso azioni per esercitare influenza sulle scelte del Cremlino” in Ucraina. “Chi si aspetta però un dietrofront pubblico della politica estera cinese, non conosce la politica estera cinese”, aggiunge prudente la fonte facendo capire che se interventi di Pechino ci saranno, rimarranno riservatissimi.

A conferma di quanto intenso sia il lavoro diplomatico c’è da registrare l’ormai consueta telefonata di Emmanuel Macron al presidente Zelensky che, in mancanza di risposte chiare dal Cremlino, si è concentrata sugli aspetti di sicurezza per “contrastare l’avanzata russa” e su come rendere agibili i corridoi umanitari da Mariupol attraverso un cessate il fuoco duraturo. Certamente non serve a svelenire il clima l’attacco ucraino sul suolo russo che ha provocato la distruzione di un grosso deposito di carburante nella regione di Belgorod. “È chiaro che questo non può essere visto come qualcosa che creerà le giuste condizioni per la continuazione dei negoziati”, ha commentato il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov.

É stata quindi una giornata interlocutoria, scandita più da dichiarazioni che da fatti. E che la mossa della svolta tocchi al Cremlino è ormai evidente: “Non abbiamo ancora ricevuto risposte alle proposte che sono state espresse a Istanbul. Vediamo alcuni commenti pubblici da parte di funzionari russi, ma stiamo aspettando una risposta formale completa dalla Russia”, ha infatti ribadito il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. “Vedremo se la Russia ha deciso finalmente di passare a una discussione costruttiva dell’agenda alla ricerca di soluzioni reciprocamente accettabili”, ha aggiunto.

(di Fabrizio Finzi/ANSA).

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