Conte in trincea, attacca il Pd sulle armi. Il Colle chiama

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte e dietro una foto del premier Mario Draghi, durante la trasmissione televisiva “In mezz’ora+” in onda su Rai 3,
Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte e dietro una foto del premier Mario Draghi, durante la trasmissione televisiva “In mezz’ora+” in onda su Rai 3, Roma 27 marzo 2022. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Maggioranza e governo trovano l’intesa sul nodo gordiano delle spese militari ma il clima non sembra affatto rasserenato, soprattutto in casa degli alleati giallorosa. Il clima è talmente infuocato che, dopo Draghi, anche il leader del M5s sale al Colle per spiegare a Sergio Mattarella la situazione dopo lo scontro con Mario Draghi su questo tema. In ballo c’è la tenuta della maggioranza e anche i timori per un possibile disimpegno del Movimento dal governo: scenario negato con fermezza da Giuseppe Conte nel colloquio con il capo dello Stato.

“Continueremo a dimostrare grande responsabilità verso il paese nel continuare a sostenere il governo, ma non rinunciamo alle nostre posizioni” chiarisce il leader pentastellato, irritato non poco con chi ipotizza la possibilità che voglia passare all’opposizione. “Pregherei tutti i commentatori pubblici di smetterla con queste interpretazione fuorvianti” il suo altolà lanciato dopo essere salito al Quirinale per un incontro su cui glissa: “Con Mattarella ci siamo sentiti, ci siamo rincorsi e poi abbiamo concordato per oggi”.

Assicura poi di avere un ottimo rapporto con il segretario dem Enrico Letta ma le sue parole nei confronti dell’alleato sono comunque al fulmicotone. “Pretendo rispetto e dignità. Non posso accettare accuse di irresponsabilità. Non funziona così: non siamo la succursale di un’altra forza politica, non siamo succedanei di qualcuno” dice l’ex premier battendo i pugni sul tavolo.

Brucia ancora la tensione sulle spese militari e la forse sofferta mediazione ad opera del Pd. Dopo l’apertura del ministro della Difesa su una maggiore gradualità dell’impegno dell’Italia, arriva anche il via libera del premier. La questione è sminata. Ma non basta.

La tensione tra gli alleati sale alle stelle e dopo i mal di pancia filtrati da entrambe le parti, ma soprattutto dal lato dem, per gli attacchi dei 5 stelle sulla questione Nato, il bubbone scoppia. “Non accetto che ogni volta che poniamo una questione politica ci si accusa di volere una crisi di governo. Vogliamo il rispetto da tutte le forze politiche” dice Conte.

Che rilancia: “L’accordo sul 2028 è chiuso? Il dato importante è che sino all’altro giorno tutti parlavano del 2024 e di 10-15 miliardi come un dogma. Adesso tutti sono convenuti sulla posizione del Movimento, sulla necessaria gradualità. Ora dobbiamo però discutere perché non è sufficiente ridisegnare la curva temporale ora dobbiamo capire quanti soldi metteremo nel prossimo anno, come distribuiremo gli stanziamenti nella curva e dove vanno. Sono tutte questioni che come partito di maggioranza vogliamo discutere”.

Dal Pd cala il gelo. “Non è il momento delle polemiche, i dem hanno lavorato per tenere unita la maggioranza, perché è fondamentale sostenere l’azione del governo Draghi” replica la presidente dei senatori del Pd Simona Malpezzi. Che guarda al buono dell’alleanza ed è tra i pochi a replicare: “Oggi abbiamo approvato un provvedimento importante per la difesa dell’Ucraina”.

Passa al Senato il decreto Ucraina su cui il M5s vota sostanzialmente in modo compatto. Anche se si perde per strada qualche riottoso. Il presidente della Commissione Bilancio, Daniele Pesco e il senatore “pacifista” Alberto Airola non si sono presentati al voto, assenti ingiustificati. Confermato anche il No alla fiducia del presidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama Vito Petrocelli. Per lui si profila quindi l’espulsione. “Chi ha votato contro la fiducia a questo decreto è fuori dal movimento 5 stelle” conferma anche il Presidente.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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