Nel monastero di Odessa, ”preghiamo con i russi”

ODESSA.  – “La Chiesa è contro la guerra, e io prego con i russi perché finisca”. La Madre badessa Serafima, per chi la conosce, è semplicemente “babushka” Serafima. Ha i modi cordiali e fermi di chi dirige un monastero ortodosso abitato da un centinaio di suore e, dall’inizio dal conflitto, da decine e decine di sfollati.

Nel monastero di San Michele Arcangelo, situato nel cuore di Odessa, tutti aiutano e tutti sono accolti. E non è difficile vedere una donna musulmana preparare il pranzo per i malati accanto ad una novizia ortodossa.

La guerra ha messo non poco in difficoltà la Chiesa ortodossa, soprattutto dopo le prime uscite del patriarca di Mosca Kirill. E ora, il Patriarcato russo e quello di Kiev rischiano di non parlarsi più. “Già dalla fine del 2018 siamo praticamente separati ed è possibile che dopo questa guerra i contatti ufficiali tra la Chiesa ucraina e quella russa siano interrotti. A livello ufficiale è molto probabile che ci sia una ulteriore divisione”, spiega Serafima.

Lei, però, i canali personali con il clero ortodosso russo non li ha mai interrotti e non ha intenzione di farlo. “Loro con me si comportano bene, preghiamo assieme ed entrambi non abbiamo nulla a che fare con questo conflitto. Putin non ha certo consultato la Chiesa ortodossa prima di invadere l’Ucraina”, racconta.

La guerra di Putin non è certo una guerra di religione. Ma ha colpito anche la religione. Il monastero di San Michele, con i colori blu pastello, le cupole dorate e la sua storia bi-centenaria, è circondato da barricate e guardato a vista dai militari. “Anche noi siamo un bersaglio. La Russia ha distrutto oltre 50 chiese. Spero che tutto finisca presto e che i colpevoli siano resi alla giustizia”, scandisce la badessa.

Nei vari edifici del monastero le attività sono in fermento. In una enorme stanza sono raccolti i vestiti donati per i rifugiati. In un altra cominciano già i primissimi preparativi per la Pasqua ortodossa, che sarà comunque celebrata. Sfollati, malati, indigenti, sono ospitati in un’ala ad hoc del complesso. Poco lontano una parte dei giardini del monastero si è trasformata in un grande rifugio per gatti. “Sono circa duecento e ci prendiamo cura anche di loro”, racconta una novizia.

Il monastero ha una storia travagliata. Chiuso negli anni Venti e  riaperto nel 1941, nei primi anni Sessanta, sotto Kruscev, fu nuovamente soppresso. Solo nel 1992, con la caduta dell’Unione Sovietica, il complesso è tornato attivo. “E non chiuderemo più, neppure se la guerra si aggrava”, promettono le suore di San Michele. L’atmosfera, all’interno del complesso, è calma. Nella chiesa, con le sue volte affrescate in ogni angolo, un prete dice la sua preghiera sotto gli occhi dell’unica fedele presente. Odessa ha una storia più laica di altre città ucraine ma, allo stesso tempo, è sempre stata un crocevia di religioni.

“E tutte collaborano. Cristiani ortodossi, cattolici, ebrei, musulmani, ci stiamo aiutando tutti e nessuno vuole questa guerra”, ribadisce la madre badessa. Che non ha perso di vista neppure la reazione dell’Europa cattolica. “Mi ha fatto molto piacere – sottolinea –  quello che ha detto Papa Francesco, ha avuto un ruolo molto forte nel condannare questa guerra. Tutti i leader delle principali Chiese si sono schierati. La guerra, pregando Dio, finirà presto. E chi l’ha iniziata pagherà”.

(dell’inviato Michele Esposito/ANSA).

Lascia un commento