Monito Vescovi: “In Italia troppi morti sul lavoro”

Un gruppo di lavoratori portuali in sciopero. LUCA ZENNARO / ANSA / KLD

ROMA. – “La Chiesa che è in Italia non può distogliere lo sguardo dai contesti di elevato rischio per la salute e per la stessa vita alle quali sono esposti tanti lavoratori. I tanti, troppi, morti sul lavoro ce lo ricordano ogni giorno. È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza”. Lo sottolinea la Conferenza episcopale italiana nel Messaggio per il Primo maggio.

Un forte appello che arriva dopo gli incidenti sul lavoro di ieri costati la vita a due operai, Antony Turnone, 28 anni, e Giacomo Turra (52), il primo nel Salento, l’altro nel Mantovano. I vescovi italiani accendono i riflettori anche sui tanti lavoratori irregolari, soprattutto immigrati, sui precari, i giovani, i disoccupati. E anche sulle donne “ostaggi di un sistema che disincentiva la maternità e ‘punisce’ la gravidanza col licenziamento. È ancora insufficiente e inadeguata la promozione della donna nell’ambito professionale”, sottolinea la Conferenza episcopale italiana.

La Chiesa italiana, che da anni mette al centro della sua riflessione il lavoro, con le Settimane Sociali, è preoccupata per una economia che non tiene nella giusta considerazione la salute dei lavoratori. “Un Paese che cerca di risalire positivamente la china della crisi non può fondare la propria crescita economica sul quotidiano sacrificio di vite umane”, sottolinea la Cei ricordando i 1.221 morti sul lavoro nel 2021 (dati Inail), “cui si aggiungono quelli ‘ignoti’ perché avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero, un ambito sommerso in cui si moltiplicano inaccettabili tragedie”.

Per la Cei “ogni evento che si verifica è una sconfitta per la società nel suo complesso, ogni incidente mortale segna una lacerazione profonda sia in chi ne subisce gli effetti diretti, come la famiglia e i colleghi di lavoro, sia nell’opinione pubblica”. Poi ricorda che “non ci sono solo le morti: gli infortuni di diverse gravità esigono un’attenzione adeguata, così come le malattie professionali domandano tutela della salute e sicurezza. Ci sono interventi urgenti da attuare, agendo su vari fronti”.

La Cei si pone dunque al fianco dei sindacati che “nella loro continua ricerca della giustizia sociale, vigilano costantemente sulle condizioni di sicurezza sul posto di lavoro: incoraggiamo il loro impegno a tutela soprattutto delle professioni che risultano più logoranti per la salute o maggiormente esposte a rischio”.

Proprio oggi il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, parlando dalla Valle d’Aosta, ha sottolineato: “Non è degno per un Paese civile come l’Italia assistere ogni anno alla perdita di 1.300 vite umane sui luoghi di lavoro. Sono necessarie più repressione, più sanzioni, per le aziende che non applicano la normativa sulla materia”.

(di Manuela Tulli/ANSA)

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