Coronavirus Italia: i ricoveri crescono in dieci regioni, raggiunto il plateau

Infermieri nel reparto terapie intensive dell'ospedale di Casal Palocco.
Infermieri nel reparto terapie intensive dell'ospedale di Casal Palocco. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – L’ultima ondata epidemica sembra andare verso un graduale esaurimento: i casi di Covid-19 in Italia tendono a diminuire, anche se i ricoveri ospedalieri – pur non raggiungendo la soglia di allerta a livello nazionale – crescono in 10 Regioni. La situazione appare tuttavia stabilizzarsi, con i nuovi casi giornalieri che hanno raggiunto il plateau. Indicazione, affermano gli esperti, che ci si avvia verso una discesa della curva.

Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) del 27 marzo, l’occupazione dei posti nei reparti ospedalieri di ‘area non critica’ da parte di pazienti Covid è infatti ferma al 14% in Italia (esattamente un anno fa era al 43%) e dunque sotto la soglia di allerta fissata al 15%. Tuttavia, nelle ultime 24 ore cresce in 10 regioni e in 6 supera il 20%: si tratta di Calabria (34%), Umbria (32%), Basilicata (29%), Sicilia (25%), Marche (22%) e Puglia (21%).

L’occupazione delle terapie intensive a livello nazionale, invece, è ora stabile al 5% a fronte del 40% raggiunto esattamente un anno fa, ed è sotto la soglia di allerta del 10% in tutte le regioni. Una fotografia che riflette, pur con fisiologiche fluttuazioni, l’andamento dei contagi che nelle ultime 24 ore, evidenzia il bollettino del ministero della Salute, raggiungono quota 30.710 rispetto ai 59.555 casi di ieri. Le vittime sono invece 95, in aumento rispetto alle 82 di ieri.

Su un totale di 211.535 tamponi molecolari e antigenici effettuati, il tasso di positività è al 14,5% (in calo rispetto al 15,5% del giorno precedente). Per quanto riguarda invece i ricoveri, sono 487 i pazienti in terapia intensiva, 23 in più di ieri nel saldo tra entrate e uscite, ed i ricoverati nei reparti ordinari sono 9.496 (+315).

Un quadro complessivo che parrebbe andare comunque verso una fase di miglioramento, come spiega il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta: “Ci troviamo in un plateau di nuovi casi giornalieri di contagio che si sono stabilizzati ormai da circa sette giorni attorno a quota 70-71 mila. Verosimilmente – afferma – questo prelude ad una discesa della curva, auspicando che non si verifichi una diffusione del contagio nelle Regioni del nord. La cosa stranissima di questo rialzo consistente di casi è data infatti dall’aumento dei contagi prevalentemente nelle Regioni del centro e del sud mentre le grandi regioni del Nord si sono mantenute con casi sostanzialmente stabili”.

Tuttavia, “se la circolazione del virus rimane questa – rassicura – non dovremmo avere particolari problemi”, mentre il matematico del Cnr Giovanni Sebastiani calcola che è stato raggiunto nella seconda metà della scorsa settimana il picco della percentuale dei positivi ai test molecolari per la diagnosi del virus SarsCoV2.

Sul fronte della campagna vaccinale, invece, si registra uno stallo. Negli ultimi sette giorni (21-27 marzo), avverte la Fondazione Gimbe, abbiamo infatti registrato un ulteriore -25% di nuovi vaccinati e questa discesa riguarda anche le terze dosi e le vaccinazioni in ambito pediatrico che hanno una copertura solo del 33,6%.

Uno stallo giudicato rischioso, mentre negli Stati Uniti dovrebbe essere in arrivo a breve l’autorizzazione all’uso di una quarta dose di un vaccino mRna contro il Covid per chi ha dai 50 anni in sù, secondo quanto rivelano vari media.

Resta, per tutti, l’invito alla prudenza. Lo indica chiaramente il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, secondo il quale “di fatto la pandemia non è mai finita e quindi, pur essendo l’Italia in una situazione decisamente favorevole per quel che riguarda il livello di copertura vaccinale, non deve mai venire meno l’attenzione alla responsabilità dei comportamenti individuali”.

Questo anche perché, avverte Locatelli, “non pensiamo che la variante Omicron sia un banale raffreddore”. Lo può essere per i soggetti coperti da un ciclo di vaccinazione ma certamente, conclude il presidente del Css, “non lo è per chi non è adeguatamente immunizzato”.

(di Manuela Correra/ANSA)

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