Processo a Italia: Vivai, club, idee, l’accusa

Il ct Roberto Mancini (C) in una sessione d'allenamento con gli azzurri.
Il ct Roberto Mancini (C) in una sessione d'allenamento con gli azzurri. Archivio. (ANSA)

ROMA-  – Ha ballato una sola estate l’Italia di Mancini campione d’Europa, isola felice in un camino tormentato che ha sprofondato la nazionale nella vergogna di due eliminazioni mondiali consecutive. Allora, non era tutta colpa dello sprovveduto Ventura, capro espiatorio per il flop 2018, come é stato troppo facile sentenziare per rimuovere il problema.

Il calcio italiano deve riazzerarsi nuovamente, ma l’indigesta Macedonia non é un’episodica Corea del Nord, é il sintomo di una malattia che ha tante componenti e da cui sará arduo guarire. Dai club alla federazione, dai tecnici ai giocatori, dai procuratori ai vivai,  tanti sono i soggetti coinvolti, con l’assoluzione dietro l’angolo: tanti colpevoli, nessun colpevole. Ma l’accusa é pesante

-RICONOSCENZA MANCINI  E CARENZE ORGANICO: da Bearzot in poi i ct hanno spesso preferito affondare coi fedelissimi piuttosto che predisporre un ricambio. Mancini aveva meno motivi per farlo, a distanza di pochi mesi dall’Europeo vinto (non avendo peró  Spinazzola e Chiesa). Lo spirito di squadra sembra essersi  peró  dissolto, come la forma di quasi tutti. Donnarumma paga scelte commerciali, Immobile e Insigne non sfondano mai in azzurro, in difesa c’é solo Bastoni a rimpiazzare i veterani acciaccati. I giovani del Sassuolo hanno poca esperienza ad alti livelli perché le squadre hanno in schiacciante maggioranza stranieri, anche quelli che non fanno la differenza.

– TECNICI POCO CORAGGIOSI: Ci sono i grossi nomi (Sarri, Mourinho, Allegri), gli esperti in predicato di vincere (Pioli, Spalletti, Inzaghi, Gasperini), i giovani dotati (Italiano, Dionisi, Tudor), ma la differenza con le partite di Premier e Liga é abissale. E non é questione solo del valore dei giocatori. In Italia  (salvo rare eccezioni)  ci sono interminabili giri palla, uno sterile e noioso controllo senza affondare sulle fasce. Come predica inascoltato Sacchi, manca personalitá, coraggio, visione. Si delega troppo ai  (pochi) campioni, che decidono sempre meno.

– CLUB EGOISTI: troppi galli in un pollaio senza un equilibrio di visione e interessi fra grandi e piccoli. Meglio spartirsi qualche osso che programmare per crescere. Rimandare un turno per aiutare Mancini é stato bocciato senza discussioni. E non basta a giustificare questa miopia le ingenti somme   perse in due anni causa covid. Le big sognano i soldi sicuri della Superlega  ma gestiscono male  bilanci sempre piú in rosso. Lo scandalo delle plusvalenze,  che riguarda parecchi club, è un altro aspetto della vicenda, che ricorda i metodi di gestione approssimativa dei padri padroni degli ultimi decenni del secolo scorso. Ora c’è anche un’inchiesta per falso in bilancio.

– FIGC: arduo il compito del presidente Gravina chiamato a gestire la nazionale confliggendo spesso con gli interessi dei club. Cambiare le regole, riformare i campionati e ridurre il numero delle squadre in A è un progetto che  continua ad essere in salita,  mentre suscitano tensioni il rinnovamento arbitrale e  polemiche l’utilizzo spesso discutibile della Var. Sul futuro azzurro (l’eliminazione costera’ intorno ai 100 milioni) ora ci sará il tiro al piccione contro Figc e Mancini. Ma sembra piú  auspicabile un rinnovamento di metodi, piú che il cambio del ct.  Sarebbe  necessaria un’assunzione di responsabilitá delle varie componenti che, al di lá delle parole di circostanza,   non  ci sarà. Tutti continueranno a proteggere il proprio orticello.

– VIVAI, PROCURATORI E TV: c’è poi la questione vivai. Le squadre  Primavera sono piene di stranieri. Costano di meno, vengono presi  “all’ingrosso”,  procurano cospicui introiti  di intermediazione. I procuratori guadagnano cifre esorbitanti dai club anche per i rinnovi di contratto e questo corto circuito ha fra le conseguenze che e’ ridotto il numero di calciatori, di interesse per la nazionale, che giocano nei club che contano. Il beffardo risultato è però  che  queste squadre perdono anche non promuovendo giocatori italiani. All’estero (il Barcellona insegna)  funziona diversamente.

– CRISI SENZA FINE: il titolo Europeo ha solo mascherato una crisi infinita. Il doppio mondiale senza azzurri viene dopo l’uscita  ingloriosa dai gironi  finali 2010 e 2014. L’ ultima Champions é stata vinta 12 anni fa, poi due finali perse chiaramente dalla Juve (2015 e 2017, contro Barcellona e Real Madrid); l’ultima semifinalista e’ stata la Roma 2018 (con Alisson e De Rossi). Negli ultimi tre anni, la Juve è uscita agli ottavi con Lione, Porto e Villarreal.  Con la Macedonia é quindi un’eliminazione che brucia peggio di quella con la Svezia, ma l’Italia dei titoli mondiali fa ormai parte dei libri di storia.

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