Voto piccoli Comuni, mai più liste senza parità di genere

Operazioni di voto in un seggio in Abruzzo per le votazioni regionali.
Operazioni di voto in un seggio in Abruzzo per le votazioni regionali. ANSA/GIORGIO BENVENUTI

ROMA. – Mai più liste con candidati tutti uomini alle elezioni comunali. Non potranno essere ammesse neppure nei piccoli Comuni. Lo stop definitivo, in nome delle pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive, arriva dalla Consulta che ha ritenuto incostituzionale la mancata previsione, per i comuni con meno di 5.000 abitanti, dell’esclusione della lista che non presenti candidati di entrambi i sessi.

La Corte costituzionale rende così effettivo un obbligo che sinora era solo virtuale, visto che per i piccoli Comuni non era prevista nessuna sanzione concreta. Si tratta di una decisione destinata ad avere un impatto pratico significativo visto che più dei due terzi dei Comuni italiani (circa 5.500) sono formati da meno di 5.000 abitanti e che tutti insieme rappresentano il 17% della popolazione italiana.

A cadere sotto la mannaia della Corte sono due norme – gli articoli 71, comma 3-bis, del Dlgs n. 267 del 2000 e 30, primo comma, lettere d-bis) ed e), del Dpr n. 570 del 1960 – relative alla presentazione delle liste dei candidati nei comuni con meno di 5.000 abitanti, dichiarate incostituzionali nella parte in cui non prevedono rimedi per il caso di liste che non assicurano la rappresentanza di entrambi i sessi.

A sollevare dubbi sulla loro legittimità era stato il Consiglio di Stato, chiamato a giudicare in appello il ricorso contro la convalida degli eletti presentato da due candidati al Consiglio comunale di Castello del Matese (Caserta), che si erano visti negare dalla Commissione elettorale la ricusazione dell’unica lista concorrente, in cui non c’era nemmeno un nome femminile.

Secondo la Consulta, la presenza di candidati di entrambi i sessi nelle liste elettorali comunali costituisce una “garanzia minima delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive”. Ma la mancata previsione di rimedi in caso di violazioni nei Comuni sotto i 5.000 abitanti, rende questa garanzia “del tutto ineffettiva” e perciò “inadeguata” a corrispondere a quanto prescritto dall’articolo 51, primo comma, della Costituzione, secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

E crea “un’ingiustificata disparità di trattamento”. Perchè ai candidati “non sono garantite, nei Comuni più piccoli, le stesse opportunità di accesso alle cariche elettive che la Costituzione intende assicurare a tutti in funzione del riequilibrio della rappresentanza di genere negli organi elettivi”.

(di Sandra Fischetti/ANSA)

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