Ucraina: via libera all’invio delle armi. Draghi: “L’Italia non si volta”

La replica del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al termine della discussione generale sulle Comunicazioni alla Camera dei Deputati sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.
La replica del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al termine della discussione generale sulle Comunicazioni alla Camera dei Deputati sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina. (Ufficio Stampa e della Comunicazione Presidenza del Consiglio)

ROMA. – L’Italia “non si volta dall’altra parte”: di fronte all’attacco “ingiustificato” e “brutale” sferrato dalla Russia all’Ucraina, Mario Draghi schiera l’Italia con gli alleati e chiede al Parlamento di approvare una scelta “senza precedenti” nella storia europea, quella di inviare armi a un Paese in guerra, con un voto che arriverà a larghissima maggioranza.

Una “condanna compatta dell’orrore”, nelle parole del premier, che nel suo discorso ha additato Vladimir Putin invitandolo ad “ascoltare le voci” dei suoi cittadini in protesta – arrestati a migliaia – e ad “abbandonare i suoi piani di guerra”.

Il Parlamento approva ( 224 sì al Senato, dai 459 ai 521 sì alla Camera, tenendo conto che la mozione è stata qui frazionata in 12 parti. E la bocciatura di tutte le mozioni contrarie)) con molte perplessità espresse sottovoce e qualche defezione anche nella maggioranza (la più clamorosa, con tanto di polemica e richiesta di dimissioni, quella del presidente 5S della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli), una risoluzione bipartisan che dà il via libera alla concessioni di armi “per la legittima difesa” degli ucraini e il ritiro immediato delle truppe di Putin, insieme al sostegno ad ogni iniziativa utile a una de-escalation militare e alla ripresa dei negoziati tra Kiev e Mosca.

Mandare aiuti militari, un sostanziale inedito anche per il nostro Paese, non significa, assicura il presidente del Consiglio, essere “rassegnati” alla guerra: non serve “cercare un ruolo”, come molti chiedono in Parlamento, ma continuare a cercare la pace – e “potete contare che lo farò con tutta la mia volontà, senza pausa”, scandisce Draghi – in un momento in cui è “difficile” perché “chi ha più di 60 chilometri di carri armati davanti le porte di Kiev non vuole la pace in questo momento “.

Il dialogo, insomma, rimane la via maestra ma ancora di più oggi risulta “impossibile”. Lo scenario in Ucraina peggiora di ora in ora, mentre il premier parla prima al Senato e poi alla Camera. Draghi denuncia la gravità del momento, “il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari – dice – ci impone una reazione rapida, ferma e soprattutto unitaria”.

Un discorso interrotto dagli applausi, quando conferma la solidarietà al popolo ucraino, che sta combattendo “con coraggio” e ha rallenato l’invasione di Vladimir Putin. Quando ringrazia il lavoro della diplomazia, e dell’ambasciatore Zazo rimasto a Kiev fino all’ultimo, fino al trasferimento a Leopoli insieme a una ottantina di italiani ancora in Ucraina.

Il premier rinnova l’invito della Farnesina a lasciare il Paese, con ogni mezzo, e posiziona l’Italia in prima fila anche sul fronte della crisi umanitaria. Chiede a Bruxelles di ripensare le regole sui migranti e intanto spiega che siamo pronti ad accogliere i profughi, semplificando le procedure. Che abbiamo già inviato fondi all’Ucraina e stanziato risorse qui per l’assistenza. E che il governo è pronto a fare “tutto il possibile”, anche nei Paesi sul confine del conflitto, per far fronte “all’impatto di questa gigantesca migrazione”.

Nel frattempo, si prepara alle conseguenze economiche di sanzioni che si è pronti a intensificare ancora – tra le proposte quella di un registro pubblico degli oligarchi vicini a Putin ( e da cui l’Italia ha molto da perdere, più di tutti se Mosca decidesse di interrompere le forniture di gas). Il piano contro la crisi energetica impone di diversificare le fonti, di guardare anche rigassificatori e al carbone (senza aprire nuove centrali). Ma è un piano di emergenza, perché non ci sono problemi, almeno per ora, nell’immediato futuro. E soprattutto, “non cambia” le scelte di fondo sulla transizione energetica e la lotta ai cambiamenti climatici.

E mentre il capo degli industriali Carlo Bonomi chiede un “comitato di crisi governo-Confindustria”, il premier in Aula spiega che certo, serviranno “nuove misure di sostegno” a famiglie e imprese – che potranno fare leva magari anche sui dati di molto superiori alle attese di Pil e deficit del 2021. Ma deve essere anche l’Europa ad agevolarle, dice ancora il capo del governo, mentre la Grecia ha presentato un meccanismo di solidarietà con prestiti ad hoc contro il caro energia e in Italia i 5S continuano a chiedere un Recovery fund.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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