Nessuna attenuante a femminicida, condannato all’ergastolo

Toghe appoggiate su un tavolo. In secondo piano il tavolo del giudice con la scritta "La legge è uguale per tutti"
Toghe appoggiate su un tavolo. In secondo piano il tavolo del giudice con la scritta "La legge è uguale per tutti"

TORINO. – Nessuna attenuante. Per Massimo Bianco, una guardia giurata di 49 anni che uccise a colpi di pistola la moglie, la condanna è l’ergastolo. La corte di Assise di Torino non accoglie la linea della procura, che aveva chiesto 30 anni di carcere, e accetta quella dell’avvocato Stefano La Notte, parte civile per conto dei due figli della coppia: punire con il massimo della pena un imputato che aveva agito per effetto “di una cultura maschilista e selvaggia” incapace di accettare l’idea che una donna si possa separare dal marito.

Angela Dargenio, 48 anni, morì il 7 maggio 2021 nella palazzina di corso Novara in cui, in un appartamento diverso, abitava anche Massimo, che aveva lasciato da pochi mesi. Il pubblico ministero Francesca Traverso ha affermato che “fu punita per avere avuto l’ardire di voler essere libera”, aggiungendo però che l’imputato, seppure “mosso da una mentalità arcaica e retrograda”, in base al codice meritava l’equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti: dopo gli spari aveva atteso l’arrivo della polizia, aveva confessato, aveva chiesto perdono.

In aula l’avvocato La Notte non ha nascosto la propria contrarietà. “È stato – ha sostenuto – un delitto bestiale. Lui ha atteso che la donna rincasasse e le è andato incontro per le scale sparando 8 volte. L’ultima alla testa. Il colpo di grazia. Questo non è stato un momento di follia. Non è stato l’epilogo drammatico di una lite. È stato il prodotto di un atteggiamento da paese, di qualcosa che una parte dell’Italia non ha ancora digerito: sappiamo che persino la mamma della vittima ha detto che ‘è meglio un tumore di una figlia separata’”.

Il legale ha descritto Bianco come un uomo “geloso, possessivo, che mancava di rispetto alla moglie e la insultava solo perché salutava i conoscenti che incrociava in strada”. “La sua – ha sottolineato – non si può nemmeno definire una confessione: ha detto che si sentiva disprezzato, che c’era di mezzo una questione di soldi, sempre cose diverse”.

In aula la guardia giurata ha chiesto scusa leggendo un foglio. I figli hanno scosso la testa. “Lui – ha commentato Eleonora, la più grande, di 26 anni, dopo la sentenza – ci ha tolto la cosa più bella che avevamo. Ora noi gli togliamo la libertà. Per sempre. Sono una donna e una madre, so cos’è una famiglia, e quella non lo era”.

Quanto all’atteggiamento della nonna materna, e quelle frasi sull’Angela che “se l’era cercata”, ha detto di provare “disgusto”. Da un lato “per la mentalità”, dall’altro perché “significa non capire il valore della mia mamma”. “Ma voglio passare oltre – conclude – lasciandoli soli nella loro ignoranza”.

(di Mauro Barletta/ANSA)

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