Covid non ferma qualità a tavola: 16 miliardi Dop Economy

Italia, turismo agroalimentare.
Un piatto con le posate e la bandiera d'Italia.

ROMA. – Non c’è pandemia che tenga quando si parla di qualità made in Italy a tavola. Gli 841 prodotti italiani a marchio Dop Igp, anche nel difficilissimo 2020, hanno raggiunto 16,6 miliardi di euro di valore alla produzione, con un calo del 2% rispetto all’anno precedente.

Un patrimonio che rappresenta il 19% del fatturato totale dell’agroalimentare nazionale, che ha saputo reggere anche sul fronte dell’export rimasto stabile con 9,5 miliardi di euro, il 20% delle vendite totali del settore.

Sono i dati che emergono dal XIX Rapporto Ismea-Qualivita sulla Dop economy, confermando il lavoro capillare di 200 mila operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino in tutte le regioni italiane.

“Da parte del Ministero delle Politiche agricole la difesa della qualità è elemento centrale delle politiche economiche anche di supporto pubblico alle produzioni”, ha detto il ministro Stefano Patuanelli intervenuto alla presentazione, evidenziando il ruolo della cosiddetta DopEconomy sui mercati globali, pronto a difenderla dai venti europei di una forte omologazione alimentare. “Per noi che puntiamo alla differenziazione legata alle tradizioni questo è semplicemente inaccettabile”, ha detto ancora il ministro, convinto sulla necessità di promuovere e stringere alleanze a partire da Francia e Spagna per contrastare questa deriva.

Che la differenziazione, insieme a innovazione e organizzazione, siano le leve del successo dell’agroalimentare ne è convinto anche il presidente Ismea, Angelo Frascarelli, mentre Cesare Mazzetti che guida la Fondazione Qualivita, ha evidenziato i tre punti di forza della tenuta del settore, coesione delle filiere, garanzia di sicurezza per i consumatori e capacità di dialogo con le istituzioni.

Secondo il rapporto si scopre che il comparto agroalimentare certificato vale 7,3 miliardi di euro alla produzione  (-3,8%), mentre il vitivinicolo imbottigliato 9,3 miliardi (-0,6%) e quello sfuso 3,3 miliardi. Tra le diverse le categorie, svettano i formaggi con 4,2 miliardi, seguiti dai salumi con 1,9 miliardi; bene gli aceti balsamici con 368 milioni,, ma soprattutto gli ortofrutticoli che, con 118 denominazioni, generano un valore di 404 milioni di euro; e questo soprattutto grazie a mele (+44%), frutta a guscio (+31%), agrumi (+25%) e frutta estiva (+17%).

Di rilievo i dati relativi al peso territoriale delle produzioni Dop e Igp. Se da un lato restano predominanti in termini di valori le regioni del Nord Italia, tuttavia, è tra quelle del Sud che si registrano i maggiori progressi. Le prime cinque regioni  a marchio Ue per valore sono nell’ordine Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana, mentre le prime tre provincie sono Treviso, Parma e Verona.

Tuttavia, nel 2020 il Mezzogiorno e Isole hanno messo a segno un incremento del fatturato rispetto all’anno precedente del 7,5% con in prima fila Puglia e Sardegna, con produzioni come l’Arancia Rossa di Sicilia o la Pasta di Gragnano entrambe Igp.

Un grande patrimonio insidiato dal falso Made in Italy agroalimentare nel mondo che, secondo la Coldiretti, vale oltre 100 miliardi di euro, sottraendo risorse e opportunità di lavoro e mettendo a rischio la tenuta e il futuro della Dop Economy.

(Sabina Licci /ANSA).

Lascia un commento