La Polonia non paga la multa, l’Ue le decurta i fondi

BRUXELLES.  – La Commissione Europea, come promesso, ha notificato alla Polonia che procederà allo storno dei quattrini previsti dalla multa, imposta dalla Corte di Giustizia europea, per non aver chiuso la miniera di lignite di Turow, vicino al confine con la Repubblica Ceca. Ovvero una procedura che non ha precedenti nella storia dell’Ue.

Varsavia ha già risposto che farà ricorso, aggiungendo così nuove carte bollate al braccio di ferro con Bruxelles su diversi fronti, stato di diritto e indipendenza dei magistrati in primis.

“La compensazione riguarda le sanzioni relative al periodo 20 settembre-19 ottobre: la Commissione procederà dopo 10 giorni lavorativi dalla notifica”, ha spiegato un portavoce dell’esecutivo Ue. “Con questa procedura, la Commissione adempie all’obbligo giuridico di riscuotere le sanzioni finanziarie imposte dalla Corte il 20 settembre 2021, seguendo le norme stabilite dal regolamento finanziario in assenza di pagamento da parte dello Stato membro”.

Banalmente, la Polonia non bonifica – e fonti Ue ricordano come questa sia “la prima volta” in cui non viene saldata un multa – e l’Ue allora trattiene i fondi. In totale 15 milioni di euro (la sanzione è di 500mila euro al giorno). La settimana scorsa i premier di Polonia e Repubblica Ceca, Mateusz Morawiecki e Petr Fiala, hanno trovato un accordo sul contenzioso, che è partito proprio da una denuncia di Praga.

Ma la Commissione ha precisato che, qualora la causa dovesse essere ritirata, il pregresso “varrebbe comunque”.

A ben vedere la diatriba sulla lignite è una specie di test da parte dell’esecutivo Ue. La vera partita è infatti sullo stato di diritto e in questo frangente la Polonia è stata condannata al pagamento di una multa da un milione di euro al giorno per non aver rispettato l’ordinanza della Corte di Giustizia relativa alla Camera disciplinare della Corte suprema polacca (che di fatto sottomette il potere giudiziario a quello politico). Se si aggiungono le leggi contro l’aborto e i media, si raggiunge un livello di guardia marcato per un Paese europeo.

Non a caso l’Europarlamento ha iniziato un’azione legale contro la Commissione accusandola di “non esercitare il suo ruolo di guardiana dei trattati”. Sui diritti l’Eurocamera vorrebbe insomma la mano pesante. I fondi del Recovery (oltre 40 miliardi) sono stati dunque sospesi. In più c’è il sollecito a pagare, così come è stato fatto per il dossier della miniera – la Corte di giustizia dell’Ue si pronuncerà il 16 febbraio sul ricorso della Polonia (e dell’Ungheria) contro il meccanismo che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto.

La multa totale che la Polonia dovrebbe pagare supera allora gli 80 milioni. Il presidente Andrzej Duda ha dunque presentato un disegno di legge per smantellare la controversa sezione disciplinare per i giudici della Corte suprema, sperando così di chiudere la partita con Bruxelles (la questione è stata discussa anche nel corso del recente incontro con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel). Si vedrà. Intanto il tassametro della Commissione resta acceso.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA).

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