Pence attacca Trump: “Dovevo certificare la vittoria di Biden”

Il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence.
L'ex vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence. (Ansa)

WASHINGTON. – Mike Pence scalda i motori in vista di una possibile corsa alla Casa Bianca nel 2024 e rompe il silenzio attaccando direttamente per la prima volta Donald Trump per difendere la propria decisione di certificare la vittoria di Joe Biden. Poche ore prima però il partito repubblicano si era allineato al tycoon votando una mozione di censura contro i deputati Liz Cheney e Adam Kinzinger per il loro ruolo nella commissione che indaga sull’assalto al Capitol, un’indagine definita “una persecuzione di cittadini comuni impegnati in un legittimo dibattito politico”.

“Capisco la delusione che molti sentono per l’ultima elezione ma Trump sbaglia, non avevo il diritto di ribaltare il voto, come non lo avrà la vicepresidente Kamala Harris quando sconfiggeremo i dem nel 2024”, accusa ad Orlando parlando ad una platea di conservatori repubblicani che lo applaudono.

“La presidenza appartiene al popolo americano e solo a lui. Francamente, non c’è idea più anti americana della nozione che una persona possa scegliere il presidente americano”, incalza l’ex fedelissimo vice di Trump. Poi lancia un monito sui rischi per la democrazia e invita il Grand Old Party a guardare avanti: “La verità è che c’è in gioco più del nostro partito o delle nostre fortune politiche, se perdiamo la fiducia nella costituzione non perdiamo solo le elezioni ma il nostro Paese. Qualunque cosa riservi il futuro, so che abbiamo fatto il nostro dovere, credo che sia ora di concentrarsi sul domani”.

Pence risponde così a Trump, che nei giorni scorsi era tornato ad accusarlo in un comizio di non aver voluto usare il suo potere per cambiare i risultati di un voto a suo avviso “truccato”. Una posizione ribadita poco dopo dal tycoon, che mira evidentemente a minare ogni potenziale rivale per la Casa Bianca: “Avevo ragione e tutti lo sanno”, ha replicato, definendo il suo ex vice una “cinghia di trasmissione automatica” che ha “consentito l’elezione di Biden il più presto possibile”.

Finora il ‘soldato Pence’, nel difendere la propria scelta, si era guardato bene dall’attaccare frontalmente Trump, con cui non si è più visto dopo l’assalto al Congresso in cui ha rischiato il linciaggio dei suoi fan. Ma ora deve smarcarsi in vista delle presidenziali, cercando nello stesso tempo di non alienarsi la base della destra. Per questo, pur definendo il 6 gennaio un “giorno buio”, non ha affrontato le false accuse sui brogli elettorali che ancora animano la base repubblicana.

Pence resta comunque un possibile testimone chiave nelle indagini sull’attacco al Capitol, cui hanno già collaborato alcuni suoi stretti consiglieri. Il partito però sembra stringersi intorno a Trump, ispiratore indiretto della rara mozione di censura approvata ieri dai repubblicani contro Cheney e Kinzinger, con il voto contrario di due soli senatori, tra cui Mitt Romney.

Il testo legittima una insurrezione violenta e sovversiva come espressione politica, assecondando la narrativa del tycoon, che si è già detto pronto a graziare gli assalitori se si ricandidasse e vincesse. La mozione, che inizialmente prevedeva l’espulsione dei due deputati, spiana la strada allo stop di ogni aiuto del partito, comprese le primarie in cui è impegnata la Cheney.

“Non riconosco quelli che nel mio partito hanno abbandonato la costituzione per abbracciare Trump, la storia li giudicherà, io non cesserò di combattere per la nostra repubblica costituzionale”, ha assicurato la figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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