Coronavirus: a due anni dal primo morto in Cina è tolleranza zero

Cinesi con la mascherina per proteggersi dal virus misterioso.
Cinesi con la mascherina per proteggersi dal virus. EPA/WU HONG

ROMA. – Crisi respiratoria seguita a una grave polmonite. Recitava così il referto diffuso dalle autorità sanitarie di Wuhan sul decesso di un 61enne infettatosi con un nuovo coronavirus al mercato del pesce cittadino, la cui scoperta era stata confermata solo 48 ore prima.

Esattamente due anni dopo la prima vittima accertata, dove il Covid-19 venne individuato per la prima volta non si registra oggi nessun nuovo caso, e in tutta la Cina continentale se ne contano appena 92 a trasmissione locale e 73 importati, senza morti, mentre nel resto del mondo emergono due milioni di contagi al giorno.

Un esito frutto della draconiana disciplina imposta dal governo di Xi Jinping, che non esita a confinare in casa milioni di persone a fronte di poche decine di positivi. In queste ore, la politica della tolleranza zero viene applicata nella città portuale di Tinajin, scalo strategico a 150 km da Pechino, cui è collegata da una ferrovia ad alta velocità.

Dopo aver trovato 20 casi positivi – due con la variante Omicron -, tra cui una quindicina studenti di scuole elementari e medie, sono in corso di svolgimento tamponi a tappeto per tutti i suoi 14 milioni di abitanti, invitati a restare nel frattempo a casa. L’obiettivo è di portarli a termine entro due giorni, e fino ad allora non sarà rinnovato alla popolazione il green pass locale, necessario per svolgere la maggior parte delle attività.

A meno di un mese dall’inizio delle Olimpiadi invernali di Pechino, per cui si preparano enormi ‘bolle’ per le quasi 30mila persone attese dall’estero tra atleti e addetti ai lavori, la campagna di test molecolari di massa sta bloccando Tianjin come già avvenuto con altre metropoli, sempre dopo una manciata di casi.

In lockdown restano ancora Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, e Yuzhou, nell’Henan, mentre vengono sottoposti a tamponi comunitari anche i residenti di Zhengzhou, sempre nella provincia di Henan. Restrizioni accompagnate da pesanti disagi, con denunce di gravi criticità nella distribuzione di cibo e altri beni di prima necessità ai milioni di confinati a Xi’an, costretti in alcuni casi a ricorrere persino al baratto, mentre una donna incinta di 8 mesi avrebbe perso il bambino dopo che le era stato negato l’accesso in ospedale per mancanza di un test negativo.

In due anni di pandemia, là dove tutto è cominciato si sono registrati 103.619 casi – più o meno quelli individuati nelle ultime 24 ore a New York, nonostante i forti dubbi sulle cifre della prima ondata di Wuhan -, con 3.392 pazienti al momento in terapia e 4.636 morti complessivi. Un bilancio tra i meno gravi, in attesa di riaprirsi al mondo.

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