Kazakhstan: stato emergenza, Mosca manda “forza di pace”

Un pichettio della polizia in Kazakhstan. ANSA/EPA/IGOR KOVALENKO

ROMA.  – Né la minaccia di una reazione “dura”, né le promesse di ribassare i prezzi dei beni di prima necessità hanno convinto i dimostranti scesi in piazza da giorni in Kazakhstan a mettere fine alle loro proteste senza precedenti.

Il bastone e la carota esibiti dal presidente Kassym-Jomart Tokayev non hanno impedito che le manifestazioni si estendessero anzi a diverse città e che migliaia di persone prendessero d’assalto il municipio e la residenza presidenziale ad Almaty, cuore economico del Paese, e arrivassero in serata ad attaccare l’aeroporto della città.

Secondo i media, che citano il ministero dell’Interno, 8 agenti sono rimasti uccisi nelle violenze e 317 sono stati feriti.

Di fronte al precipitare della crisi Tokayev ha chiesto alla Russia e agli altri Paesi membri della Csto, un’alleanza di sei ex paesi sovietici guidata da Mosca, di intervenire per stroncare le proteste, e la richiesta è stata accolta in serata: il premier armeno Nikol Pashinyan, presidente dell’alleanza, ha spiegato che saranno inviate “forze di pace collettive” per un “tempo limitato per stabilizzare e normalizzare la situazione nel Paese” causata da “interferenze esterne”.

La crisi mette improvvisamente in discussione l’immagine di stabilità di questa ex Repubblica sovietica ricca di idrocarburi e retta da un regime autoritario che nei tre decenni seguiti alla fine dell’Urss ha attirato enormi investimenti nel settore energetico dalle principali compagnie petrolifere mondiali. Le proteste, innescate dal raddoppio del prezzo del Gpl in seguito alla cancellazione dei limiti imposti dal governo, sono dirette ormai contro l’intero establishment di un sistema fondato e guidato per tre decenni dall’ex presidente Nursultan Nazarbayev, dimessosi nel 2019 per passare la mano a Tokayev. Una sua statua, riferisce l’agenzia russa Tass, è stata abbattuta nella città di Taldykorgan, nel sud-est del Paese.

Tokayev si è visto costretto a proclamare lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale, dopo che la misura era stata decisa ieri ad Almaty e nel Mangistau, principale provincia petrolifera affacciata sul Mar Caspio, nell’ovest del Paese. Proprio da qui erano partite domenica le prime proteste, che si sono poi estese a macchia d’olio. In primo momento il presidente  ha cercato di calmare la piazza sciogliendo il governo guidato dal premier Askar Mamin e dando ordine di ripristinare i limiti non soltanto al prezzo del Gpl, ma anche sulla benzina, il diesel e altri generi “socialmente importanti”. Ma né questo né i lacrimogeni e le bombe stordenti impiegati dai reparti della polizia anti-sommossa sono riusciti a fermare le migliaia di manifestanti.

Tanto che a tarda sera, in un drammatico discorso televisivo alla nazione, Tokayev è arrivato a chiedere l’intervento militare di Mosca e degli altri Paesi membri del Csto. Il Paese, ha affermato il presidente, è sotto attacco da parte di gruppi terroristici addestrati all’estero. Alcuni “terroristi”, ha aggiunto, sono penetrati anche nell’aeroporto di Almaty impossessandosi di cinque aerei, di cui uno straniero.

Tokayev ha assunto anche i poteri di capo del Consiglio di sicurezza nazionale, carica che dopo le dimissioni di tre anni fa era stata mantenuta dall’ottantunenne Nazarbayev. Affermando che tra i manifestanti vi sono “banditi” che hanno attacco le forze di sicurezza uccidendo alcuni agenti, il presidente ha avvertito che è pronto ad “agire nella maniera più ferma possibile”. La polizia ha detto che ci sono anche oltre 500 feriti civili, presentati come vittime di aggressioni di “estremisti e radicali”, e ha denunciato assalti a negozi  e uffici.

In realtà è impossibile appurare in modo indipendente quale sia il bilancio delle violenze, anche per un blocco quasi generale di Internet e della rete dei telefoni cellulari.

La Russia, partner cruciale del Kazakhstan, è stata la prima a reagire, con una nota del ministero degli Esteri in cui si auspica “una soluzione pacifica a tutti i problemi attraverso il dialogo”, mentre il Cremlino mette in guardia altri Paesi dall’interferire nelle vicende interne kazake. Un riferimento apparentemente diretto agli Usa, che hanno reagito duramente parlando di “accuse assolutamente false” e chiedendo “moderazione” alle autorità kazake. Mentre la Ue si è mostrata neutrale invitando tutte “le parti ad agire con responsabilità”.

(di Alberto Zanconato/ANSA).

Lascia un commento