L’inflazione vola negli Usa: mai così alta dal 1982

Mazzette di banconote di dollari posti su uno scaffale.

WASHINGTON.  – La corsa dei prezzi in America non si ferma, con un inflazione a livelli record che non si vedeva da quasi 40 anni. A novembre il balzo è stato dello 0,8% rispetto al mese precedente, ma anno su anno schizza al 6,8%.

Per trovare un picco simile bisogna risalire al giugno del 1982, quando alla Casa Bianca era approdato da un anno Ronald Reagan che si era trovato davanti a un’inflazione a doppia cifra ereditata dall’amministrazione di Jimmy Carter.

A trainare il caro prezzi è ancora il caro energia, con i costi per le bollette di famiglie e imprese e per il pieno di benzina sempre più alle stelle. L’incremento rispetto al novembre dello scorso anno è di oltre il 33%, col la spesa per il carburante per le auto aumentata del 58,1%.  Ci sono poi i generi alimentari cresciuti del 6,4% e il conto al ristorante più salato del 5,8%. Stangata anche sul fronte delle case (+3,8%) e delle cure mediche (+1,7%).

Tutto ciò mette a rischio la difficile ripresa dopo la mazzata sull’economia dovuta alla pandemia e alle difficoltà create dal rallentamento nella catena degli approvvigionamenti.

E mette a rischio l’agenda economica e sociale del presidente Joe Biden costretto ad ammettere a denti stretti: “L’aumento dei prezzi comincia a rallentare, ma non ancora velocemente come vorremo”. “La crescita dell’economia americana è più forte che in qualsiasi altro Paese – sostiene comunque l’inquilino della Casa Bianca –  ma ora dobbiamo fare di tutto per abbassare i prezzi e i costi sostenuti dalle famiglie perchè i consumatori acquistino fiducia in questa ripresa”.

Ecco allora l’ennesimo appello affinchè il Congresso passi il maxi piano del “Build Back Better” che, spiega il presidente, permetterebbe di abbassare i costi sostenuti dalle famiglie soprattutto sul fronte della sanità, dei farmaci e dei servizi all’infanzia.

Gli occhi a questo punto sono più che mai puntati sulle prossime mosse della Federal Reserve, i cui vertici si riuniranno la prossima settimana. L’attesa è per un’accelerazione del cosiddetto tapering,  col possibile annuncio da parte del presidente della banca centrale Jerome Powell di anticipare a marzo il ritiro del piano di stimoli all’economia finora previsto da giugno.

Si aprirebbero così le porte a un possibile rialzo dei tassi di interesse già in primavera. Una stretta monetaria che dopo anni riporterebbe decisamente il focus della Federal Reserve sulla lotta all’inflazione, con un’azione decisa per riportarla attorno al valore di riferimento del 2%. Molto dipenderà anche dai prossimi dati sul pil e sul mercato del lavoro.

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