Papa Francesco: “Non saranno i muri della paura ad aiutare il progresso dell’Europa”

Papa Francesco ricevuto a Nicosia da preti e suore locali.
Papa Francesco ricevuto a Nicosia da preti e suore locali.. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

NICOSIA. – “Il continente europeo ha bisogno di riconciliazione e unità, ha bisogno di coraggio e di slancio per camminare in avanti. Perché non saranno i muri della paura e i veti dettati da interessi nazionalisti ad aiutarne il progresso, e neppure la sola ripresa economica potrà garantirne sicurezza e stabilità”.

Da Cipro, “porta orientale dell’Europa e porta occidentale del Medio Oriente”, oltre che storico “crocevia di civiltà”, papa Francesco lancia un forte richiamo al continente a non chiudersi, ad abbattere le barriere. E il riferimento anche alle tragedie umanitarie che ne costellano i confini è più che evidente. Ma proprio la storia di questo piccolo Paese, e la presenza di un numero di immigrati che percentualmente è il più alto nell’Ue, dev’essere di esempio.

“Guardiamo alla storia di Cipro – esorta Francesco nel suo discorso alle autorità a Nicosia, dopo l’incontro a Palazzo col presidente Nikos Anastasiades – e vediamo come l’incontro e l’accoglienza hanno portato frutti benefici a lungo termine”. E al di là degli appelli, il Papa è pronto a fare la sua parte con un gesto concreto, come già cinque anni fa a a Lesbo, dove tornerà domenica prossima durante la sua tappa in Grecia.

E’ lo stesso Anastasiades a confermarlo: “vorremmo esprimere la nostra gratitudine come Stato per l’iniziativa di trasferire 50 immigrati da Cipro in Italia”, dice a Bergoglio. “La Sua iniziativa simbolica è, prima di tutto, un messaggio forte sulla necessità di una indispensabile revisione della politica di immigrazione dell’Ue – aggiunge -, in modo che da un lato vi sia una divisione più equa della gestione dei problemi e dall’altro una vita più umana per coloro che immigrano negli Stati membri”.

Nel suo discorso alle autorità di Cipro, il Papa tocca anche un altro dei punti-chiave di questa sua visita nell’isola, divisa dal 1974 dall’occupazione turca della parte Nord. “La ferita che più soffre questa terra è data dalla terribile lacerazione che ha subito negli ultimi decenni. Penso al patimento interiore di quanti non possono tornare alle loro case e ai loro luoghi di culto”, scandisce.

“Prego per la vostra pace, per la pace di tutta l’isola, e la auspico con tutte le forze. La via della pace, che risana i conflitti e rigenera la bellezza della fraternità, è segnata da una parola: dialogo. Dobbiamo aiutarci a credere nella forza paziente e mite del dialogo. Sappiamo che non è una strada facile; è lunga e tortuosa, ma non ci sono alternative per giungere alla riconciliazione”.

Francesco pensa “all’impegno a disporsi a un confronto sincero che metta al primo posto le esigenze della popolazione, a un coinvolgimento sempre più fattivo della Comunità internazionale, alla salvaguardia del patrimonio religioso e culturale, alla restituzione di quanto in tal senso è particolarmente caro alla gente, come i luoghi o almeno le suppellettili sacre”. E in definitiva “non si lasci prevalere l’odio, non si rinunci a curare le ferite, non si dimentichi la situazione delle persone scomparse”.

Ed è guardando al Mediterraneo che “Cipro, crocevia geografico, storico, culturale e religioso, ha questa posizione per attuare un’azione di pace. Sia ‘un cantiere aperto di pace’ nel Mediterraneo”, conclude il Pontefice. Prima di partire per questo suo 35/o viaggio all’estero, Francesco incontra 27 profughi, 12 a Casa Santa Marta e 15 in una parrocchia vicino all’aeroporto di Fiumicino.

E anche il suo discorso a Nicosia al clero e ai movimenti ecclesiali, nella Cattedrale maronita di Nostra Signora delle Grazie, è tutto incentrato sulla necessità di “abbattere i muri”, sia nella Chiesa, che “è una casa comune, è il luogo delle relazioni, è la convivenza delle diversità”, sia altrove.

“Con la vostra fraternità potete ricordare a tutti, all’Europa intera, che per costruire un futuro degno dell’uomo occorre lavorare insieme, superare le divisioni, abbattere i muri e coltivare il sogno dell’unità – è il suo mandato ai cattolici locali, nell’ottica del bisogno di una ‘Chiesa fraterna’ -. Abbiamo bisogno di accoglierci e integrarci, di camminare insieme, di essere sorelle e fratelli tutti!”.

(dell’inviato Fausto Gasparroni/ANSA)

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