Calcio: gol lacrime e bandiera, torna in campo Afghanistan

Calciatrici della Nazionale di Afghanistan , fuggite dai talibani, arrivano al Pakistan. Archivio. ANSA/ EPA/RAHAT DAR

ROMA.  – C’è un commissario tecnico, di soli 31 anni, Anoush Dastgir, che si definisce “l’allenatore di 37 milioni di afghani” e ha pagato i voli ai suoi calciatori e  comprato loro dei palloni. C’è il centrocampista  Faysal Shayesteh, 30 anni, che da tempo vive in Olanda ma ha tatuati sul petto un jet e un elicottero militari che bombardano Kabul di cuori rossi.

Ci sono 600 tifosi, tanti dei quali con delle bandiere. E le sventolano, per incitare i loro beniamini della nazionale di calcio dell’Afghanistan, ma soprattutto per far vedere i colori verde, rosso e nero di quei vessilli, che non sono certo il bianco con la Shahada stampata imposto dal governo dei Talebani.

I quali non avevano affatto gradito che ai recenti Mondiali di cricket la nazionale afghana, il team più amato di questo martoriato paese, avesse usato la stessa bandiera, quella del palazzo presidenziale con il verde, il rosso e il nero, “rischiando” anche di andare lontano nella competizione alla fine vinta dall’Australia.

Ma ora nel giorno in cui, grazie al supporto economico e pratico dell’attrice-modella Kim Kardashian e del patron del Leeds Andrea Radrizzani, la nazionale femminile dell’Afghanistan arriva a Leeds “sana e salva insieme alle famiglie”, è tornata in campo la nazionale maschile, n.152 del mondo e “convocata” in Turchia, a Belek, dal ct Dastgir.

Attirando l’attenzione del New York Times, che le ha dedicato un lungo reportage. L’allenatore è stato anche organizzatore, nello specifico dell’amichevole contro l’Indonesia vinta 1-0 con un gol a 5′ dalla fine del subentrato Omid Popalzay, un ragazzo cresciuto anche lui in Olanda e che gioca nella Serie D della Polonia.

É stata quindi una favola a lieto fine, con tanto di inno nazionale (proibito dal nuovo regime) prima della partita, quella dell’Afghanistan calcistico, un  squadra formata da rifugiati e figli di immigrati fuggiti a loro volta quando per la prima volta i Talebani presero il potere. Un esempio sono i fratelli Adam e David Najem, nati in New Jersey, cittadini americani ma felici di rispondere alla chiamata della terra dei loro padri. Un altro, Noraollah Amiri, ha passaporto svedese e gioca nell’Ariana Malmoe, ma anche lui non ha esitato a dire “presente”.

A fine partita era tanta la sua gioia che ha voluto celebrare con suo figlio di pochi mesi, che gli è stato passato da un tifoso sugli spalti, dopo che Amiri si era ‘arrampicato’ ,sulle spalle di un compagno per farsi passare il bimbo.

Invece Shayesteh, quello dei tatuaggi, piangeva a dirotto, per poi riuscire a dire tra le lacrime, lui che ora vive a Hengelo ma è nato a Kabul, che “non riesco a trattenere le mie emozioni perché so ciò che sta passando la gente in Afghanistan.

E so anche che l’unica cosa che riesce a rendere felici le persone è lo sport, quindi questa vittoria. É l’unica cosa che hanno, e io penso a loro e piango”. Anche perché, grazie al fatto che il ct Dastgir ha vestito i panni perfino di broadcaster ed è riuscito a trovare un’emittente che trasmettesse la partita,  in Afghanistan la vittoria sull’Indonesia è stata vista, e per tanti è stata davvero un piccolo sollievo.

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