La maggioranza si spacca al Senato, spada di Damocle sul governo

Il Senato in una foto d'archivio.
Il Senato in una foto d'archivio. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Viene battuto due volte, nell’Aula del Senato, il governo Draghi. Si vota il decreto che aumenta le capienze nei luoghi di cultura e sport. Il provvedimento è a bassa conflittualità, l’esecutivo non pone la fiducia. Ma qualcosa va storto e Lega, Forza Italia e Italia viva, infischiandosene del parere contrario del governo, approvano con Fdi due emendamenti che riguardano bus turistici e l’età di pensionamento dei medici.

Pd, M5s e Leu si scagliano contro gli alleati, li accusano di voler mettere a rischio il governo, evocano la crisi e, per evitarla, invocano “un punto” (una verifica) di maggioranza. Il rischio, avvertono, è che le fibrillazioni si ripetano sulla manovra. Ma il non detto è il Quirinale: la lettura diffusa è che chi scatena il caos in Aula voglia inviare un segnale, anche a Draghi, in vista del voto di gennaio.

A Palazzo Chigi non drammatizzano quanto accaduto in Senato, ma l’osservano con attenzione, anche perché è chiaro che un conto sono due emendamenti, dopotutto marginali, al decreto sulle capienze, ben altra storia sarebbe se lo “sfilacciamento” (copyright Enrico Letta) della maggioranza si ripercuotesse sulla legge di bilancio, che proprio in Senato ha iniziato il suo iter tra mille difficoltà, perché non c’è l’accordo neanche sui relatori.

Alcuni senatori del M5s, esponenti di un partito sempre più nervoso e spaccato, attraverso i ministri avrebbero fatto pervenire al premier Mario Draghi una richiesta di ascolto, la possibilità di avere un momento di confronto a Palazzo Chigi. E la disponibilità c’è, tanto che potrebbe tradursi la prossima settimana in un incontro. E’ una disponibilità che esiste anche nei confronti del resto della maggioranza e dei governatori che chiedono una stretta sul fronte Covid.

Quanto all’ipotesi che i senatori abbiano voluto inviare un segnale a Draghi, per avvertirlo che è nelle loro mani la sua eventuale elezione al Quirinale, dal governo non si mostrano convinti dell’equazione. Di sicuro non passa inosservato che abbiano votato a favore dei due emendamenti in Senato – e contro l’esecutivo – il leader della Lega Matteo Salvini e la ministra Erika Stefani, che avrebbe lasciato per questo in anticipo il Consiglio dei ministri.

Con il loro voto passa un emendamento sulla capienza al 100% per i bus turistici, con obbligo di Green pass per i passeggeri, e uno di Iv che alza a 68 anni l’età dei dirigenti di Asl che possono essere ‘arruolati’ per l’emergenza sanitaria. La prima modifica era condivisa anche dal Pd e concordata in maggioranza, ma quando il ministero della Sanità dà parere negativo i Dem, Leu e M5s si attengono alla linea e scelgono di non votare a favore.

La seconda modifica ha il parere negativo del ministro della Pa Renato Brunetta, ma anche Fi vota a favore e la norma passa, tra gli applausi dei senatori del centrodestra. Dopo il voto gli azzurri negano ragioni politiche dietro la loro scelta. Si dà la colpa ai tanti assenti, tra cui anche il leader di Iv Matteo Renzi. Ma dal M5s parlano di uno “scambio” tra renziani e centrodestra per far passare le due norme.

In Aula è il caos. “La verità – dice a sera un ministro – è che le dinamiche sono impazzite, nessuno controlla i gruppi. Il M5s, dopo le tensioni sulla Rai, è balcanizzato. Ognuno va per conto suo”. “Il centrodestra e Iv sostengono ancora il governo?”, domanda la capogruppo Pd Simona Malpezzi, che si coordina con le colleghe di M5s e Leu.

L’episodio, dicono dal Nazareno, mostra “grave irresponsabilità” di chi ostenta sostegno al premier ma non lo traduce in voti e prese di posizione”. “Dobbiamo fare un punto sui rapporti in maggioranza”, dichiara Loredana De Petris. “Mi sembra evidente che Renzi voglia provocare la seconda crisi di governo dell’anno”, attacca il ministro M5s Stefano Patuanelli.

Iv respinge le accuse: “E’ stato un voto nel merito”, dice Ettore Rosato. “Ho votato per aiutare i bus turistici”, dichiara Matteo Salvini, che nel pomeriggio sente Silvio Berlusconi. Il colloquio – fanno sapere – serve per coordinarsi sulla manovra e rafforzare l’asse del “centrodestra di governo”.

Ma il nodo Quirinale si staglia sullo sfondo, soprattutto dopo che Giorgia Meloni ha allontanato l’ipotesi di una candidatura del Cavaliere. Per il Colle, nei rumor parlamentari, è ancora Draghi il principale candidato. Il problema è però blindare l’accordo in maggioranza ed evitare che venga silurato dai franchi tiratori.

Comunque vada, ragiona un Dem alla Camera, un accordo ci deve essere, perché una maggioranza spaccata sull’elezione del presidente (chiunque lui o lei sia) avrebbe come conseguenza il venire meno del patto di maggioranza e la caduta dello stesso governo Draghi.

In queste ore si osserva con attenzione anche il fattore Covid: se a gennaio arrivasse il picco dei contagi, potrebbe spingere verso una soluzione di continuità e la richiesta a Sergio Mattarella di restare per un bis con Draghi a Chigi.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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