Cop 26: corsa contro il tempo verso target 1,5 gradi

Il palco della Conferenza Onu sul clima Cop26. (ANSA)
Il palco della Conferenza Onu sul clima Cop26. Archivio. (ANSA)

GLASGOW.  – Oramai alla Cop26 di Glasgow è una corsa contro il tempo. Il traguardo della conferenza sul clima è chiudere venerdì con un accordo che tenga il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi. O almeno, che mantenga questo obiettivo ancora raggiungibile (“alive”, dicono i padroni di casa britannici). Ma non ci siamo ancora, anche se il clima non è di pessimismo.

“Oggi è una giornata cruciale – ha detto stamani a Glasgow il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani -. Ci sarà l’impianto delle conclusioni, sulle quali si faranno le rifiniture”. La seconda bozza di documento finale, dopo le osservazioni dei ministri, dovrebbe uscire in nottata. I negoziatori riferiscono che c’è un buon clima, che tutti sono intenzionati ad arrivare ad un risultato positivo. L’unico problema è che questo risultato positivo non c’è ancora. E non è neppure in vista.

“Cè ancora molto lavoro da fare, e non ci siamo ancora”, ammette in giornata il presidente della Cop26, Alok Sharma. L’accordo di ieri fra Usa e Cina sulla cooperazione per il clima è “un passo importante”, ma i colloqui di oggi “devono preludere a un ulteriore cambio di marcia”.

La pensa allo stesso modo il capo negoziatore della Ue, il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans: “”Credo che il mondo sia troppo lontano da dove dovrebbe essere per raggiungere l’obiettivo di limitare a 1,5 gradi il riscaldamento globale. Abbiamo iniziato con 2,7 gradi. Ora ci avviciniamo a 2”. Però, aggiunge, “la stragrande maggioranza dei Paesi presenti a questa conferenza sostiene l’obiettivo di 1,5”. E conclude: “I prossimi due giorni mostreranno se possiamo essere all’altezza delle aspettative”.

“Non possiamo accontentarci del minimo comun denominatore in materia di azione sul clima”, twitta il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. “Faccio appello a tutti i Paesi affinché aumentino l’impegno finanziario di adattamento e l’ambizione di mitigare gli effetti sul clima”.

Alla Cop oggi è arrivata Vanessa Nakate, la giovane attivista ugandese per il clima, molto vicina a Greta Thunberg. “Sono qui per dire che non vi crediamo – ha detto -. Non crediamo alle banche e alla finanza che vengono qui coi jet e fanno bei discorsi e belle promesse. Stiamo annegando nelle promesse. Ma sono qui per dire alla finanza e al business ‘fateci vedere la vostra credibilità, provateci che abbiamo torto. Abbiamo disperatamente bisogno di voi'”. E poi chiede “un fondo separato per compensare danni e perdite provocate dal cambiamento climatico”.

L’Italia oggi a Glasgow ha aderito ad una alleanza di stati che si impegano a cessare la produzione di idrocarburi, o almeno a fare passi verso questa. La “Beyond Oil and Gas Alliance” (Boga) è stata promossa da Danimarca e Costa Rica, e ha visto l’adesione di Francia, Portogallo, Irlanda, Svezia, Groenlandia, Galles, California e Nuova Zelanda. É stato il ministro Cingolani oggi a iscrivere il nostro paese alla Boga. Nulla di troppo impegnativo, nessun impegno vincolante a fermare le trivelle dell’Adriatico. Ma comunque, è un segnale politico che l’Italia vuole muoversi nella direzione dell’addio alle fonti fossili.

La Cop di Glasgow intanto continua ad essere nei pensieri e nelle preghiere di papa Francesco. Oggi il pontefice ha scritto una lettera ai cattolici di Scozia per scusarsi di non aver potuto andare alla conferenza: “Imploriamo i doni divini di saggezza e forza su coloro che sono incaricati di guidare la comunità internazionale mentre cercano di affrontare questa grave sfida – ha detto Francesco -. Il tempo sta finendo. Questa occasione non dev’essere sprecata, a meno di dover affrontare il giudizio di Dio per la nostra incapacità di essere amministratori fedeli del mondo che lui ha affidato alle nostre cure”.

(di Stefano Secondino/ANSA)

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