Covid taglia l’aspettativa di vita degli italiani di 1,2 anni

Mani di un'anziana e badante.
Anziani in difficoltà. (ANSA)

PARIGI. – La scure del Covid-19 taglia l’aspettativa di vita degli italiani e non solo. Secondo il rapporto ‘Panorama della Salute 2021’ dell’Ocse, la speranza di vita – uno dei fiori all’occhiello dell’Italia, tra le più elevate al mondo – è calata di 1,2 anni durante la pandemia, da 83,6 anni nel 2019 a 82,4 anni.

In particolare, secondo l’organismo internazionale con sede a Parigi, il Covid-19 ha contribuito ad un innalzamento del 16% del numero previsto di decessi tra il 2020 e il primo semestre 2021 nell’area Ocse. L’aspettativa di vita è calata in 24 dei 30 Paesi che dispongono di dati comparabili, principalmente negli Usa (1,6 anni) e Spagna (1,5 anni). Un dato sceso mediamente di 6 mesi nei 24 Paesi presi in esame.

Ma non è tutto. Secondo l’Ocse, che ora si appella agli Stati affinché rafforzino i loro sistemi sanitari, il Covid-19 ha avuto “notevoli conseguenze indirette” anche sui non contagiati a causa della pressione sui sistemi sanitari dei Paesi membri: il numero di donne diagnosticate con un cancro al seno, ad esempio, è diminuito mediamente del 5% tra il 2019 e il 2020.

Il nemico invisibile ha avuto anche un “enorme impatto” sulla salute mentale dei cittadini ai quattro angoli del pianeta. “La prevalenza di disturbi d’ansia e depressivi – precisa il rapporto ‘Health at a Glance 2021’ pubblicato oggi a Parigi – è più che raddoppiata in gran parte dei Paesi che hanno raccolto i dati su questo punto, in primo luogo Messico, Regno Unito e Stati Uniti”.

In Italia, la prevalenza dei sintomi di depressione è “cresciuta di tre volte, al 17,3%, a inizio 2020, rispetto all’anno precedente”, avverte l’Ocse, appellandosi a tutti gli Stati membri affinché rendano i loro sistemi sanitari più forti ed efficaci. “La pandemia – scrive l’organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica internazionale – avverte che gli effettivi del personale sanitario restano insufficienti e che è importante consacrare mezzi supplementari, nei prossimi anni, al miglioramento delle cure primarie e della prevenzione come anche al rafforzamento della resilienza e della preparazione dei sistemi sanitari”.

“Dal rapporto – prosegue l’Ocse – appare in effetti che le spese di salute restano principalmente consacrate alle cure, a scapito della prevenzione e dell’incentivo della salute e che le risorse finanziarie destinate agli ospedali superano ampiamente quelle destinate ai servizi legati alle cure primarie”.

Secondo i dati contenuti nel rapporto, al primo novembre, in Italia sono stati 4,8 milioni i contagi e oltre 132.000 i morti dovuti al coronavirus. Alla stessa data, sempre nel nostro Paese, risulta completamente vaccinato il 71% della popolazione contro una media Ocse del 65%.

L’Italia, precisa l’Ocse, è all’11/o posto per numero di vaccinazioni tra i 37 Paesi aderenti all’organizzazione. Un dato nettamente migliorato dopo l’introduzione, lo scorso luglio, dell’obbligo del Green pass al lavoro. Fino a quella data eravamo infatti al 21/o posto, dieci posizioni indietro rispetto ad oggi. Quanto alla spesa sanitaria, quella italiana è passata dall”8,7% del Pil nel 2019 al 9,7% nel 2020 contro un aumento medio di 0,9 punti al livello Ocse.

(di Paolo Levi) (ANSA) –

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